"Tuttavia non credo che questo orribile silenzio della nostra epoca durerà a lungo, sebbene ritenga che al momento aumenterà. Che farsa la moderna larghezza di vedute! Nella moderna civiltà, libertà di parola significa in pratica che si può parlare solo di cose senza importanza. Non dobbiamo parlare di religione, perché è illiberale; non dobbiamo parlare di pane e formaggio, perché vuol dire parlare di negozi; non dobbiamo parlare della morte, perché è deprimente; non dobbiamo parlare della nascita, perché è indelicato. Non può durare. Qualcosa sopravvenga a infrangere questa strana indifferenza, questo strano egoismo sognante, questa strana solitudine di una folla di milioni di persone. Qualcosa deve interrompere tutto ciò. Perché non voi ed io?" Il Napoleone di Notting Hill di G.K.Chesterton

venerdì 24 dicembre 2010

Santo Natale 2010

Il Natale presente sia di forte richiamo per tutti: non dimentichiamo le nostre tradizioni e la nostra fede, per non smarrire la nostra identità.
Il Natale è un avvenimento reale: la nascita di Gesù. Questo avvenimento cambia la storia perché la divide in due. Questo fatto è straordinario, gli uomini con i miti avevano sempre tentato di immaginare gli dei, senza aver mai una risposta però. Oggi è Dio che ci si fa incontro, il Mito diviene storia. Nato come un semplice bambino in una povera famiglia per farsi vicino ad ognuno di noi. Noi siamo semplicemente chiamati ad accoglierlo.
Il tempo dell'attesa è ormai compiuto:
vergine pura ha generato il Figlio,
ed ora avvolge, povera, silente,
un bimbo, in pochi panni, in un presepe.

giovedì 25 novembre 2010

Congiurati tesi al governicidio, mercati pronti a “farsi l’Italia”

Ombre dopo il disastro del G20 di Seoul
Immobilismo di fronte alla crisi economica e scarso senso delle istituzioni. Sono queste, in sintesi, le ragioni per le quali gli avversari di Berlusconi chiedono le sue dimissioni da capo del governo. Effettivamente, adesso che sono scesi in campo lorsignori con la loro manovra di palazzo, l’immobilismo è finito: venerdì scorso lo spread fra il rendimento dei Btp decennali e quello dei Bund tedeschi è salito a 191 punti, il massimo storico da quando esiste l’euro. Le cose si muovono: andiamo di male in peggio.
Il rendimento sui Btp a cinque anni è passato dal 2,53 per cento della precedente asta al 3,24. Aspettiamo che gli esperti ci dicano a quanti milioni di euro in più di soldi della collettività equivale questo rialzo. Quante case e imprese si sarebbero potute ricostruire in Veneto, quanta ricerca finanziare, quante “case dei gladiatori” si sarebbero potute mettere in sicurezza a Pompei. Lo stesso giorno in cui ministri e sottosegretari del Fli rendevano note le proprie dimissioni, in Portogallo il ministro degli Esteri Luís Amado paventava l’uscita del suo paese dall’euro. «Se i mercati sono davvero sul punto di farsi il Portogallo (che ha un tasso di crescita del Pil dell’1,2 per cento annuo, mentre per l’Italia è solo lo 0,7, ndr), perché subito dopo non dovrebbero farsi l’Italia?», ha buttato lì con linguaggio non proprio forbito Jonathan Loynes di Capital Economics, una delle più grandi società di consulenza per la ricerca macroeconomica. Dove stia più di casa l’irresponsabilità, se nei comportamenti privati del capo del governo o in quelli pubblici dei suoi avversari, dovrebbe essere chiaro a tutti, se tv e giornali facessero il loro lavoro anziché fare il tifo o esaltarsi nel partecipare alla congiura.
Il G20 di Seoul è stato disastroso, la leadership di Barack Obama ha fallito ancora una volta un appuntamento internazionale decisivo per il sistema globale. La Cina continuerà ad accumulare attivi di bilancia commerciale grazie anche a una valuta nazionale mantenuta artificialmente sotto il suo reale valore, la Germania continuerà a impoverire i suoi vicini dell’Unione Europea (fra i quali l’Italia) imponendo loro misure di austerità di bilancio mentre li schiaccia con un euro sopravvalutato che serve solo all’export europeo di merci tedesche, e gli Stati Uniti continueranno a inondare i mercati di dollari stampati a profusione per provocare una svalutazione competitiva – causando rialzi di prezzi di varie materie prime, per la gioia di paesi come l’Italia. La velleitaria proposta del ministro delle Finanze americano Timothy Geithner di concludere un accordo col quale i 20 si impegnavano a stare dentro a deficit o avanzi di bilancia commerciale non superiori al 4 per cento è stata rigettata con scherno. Sarebbe stata una benedizione per un paese come il nostro in questo momento, ma era velleitaria, e soprattutto gli Stati Uniti cominciano ad essere percepiti come l’ombra di ciò che furono anche in ambito macroeconomico.
In un mondo dove la solidarietà globale è inesistente, quella europea poco più che uno slogan e nei fatti ciascuno fa quel che vuole, l’Italia deve pensare a salvarsi con le proprie forze. Ma che succede se anziché stringersi a coorte di fronte al temporale imminente i nostri politici rinnovano le gesta sciagurate dei guelfi e dei ghibellini? Se si comportano come i bizantini intenti a demolire l’imperatore mentre gli Ottomani stavano demolendo l’impero? Succede quello che nella storia è sempre successo: vincono gli stranieri e il popolo non è più padrone del suo destino.
di Rodolfo Casadei da Tempi del 18 novemre 2010

domenica 21 novembre 2010

Alcune precisazioni sull'accordo Comune-SEA

Urge a mio avviso fare un po' di chiarezza su alcune mie dichiarazioni riportata sulla stanza e intanto che ci sono svelerò un piccolo segreto su il "Lonatese"

Sono molto felice che la stampa (La Provincia dell'11 novembre 2010) abbia avuto modo di riprendere il mio articolo apparso sul “Lonatese” n. 21 dell'ottobre scorso (leggi). In esso però mi si rimprovera di non tener conto dell'accordo siglato tra SEA e i comuni di Lonate Pozzolo, Ferno e Somma Lombardo per l'impiego di ausiliari del traffico a Malpensa in sostituzione delle forze di Polizia Locale (leggi l'articolo). A questa mia dimenticanza vi è una spiegazione molto semplice: gli articoli pubblicati sul “Lonatese” devono essere consegnati alla redazione con largo anticipo, anche di un paio di mesi, rispetto alla data di pubblicazione. Il suddetto articolo è stato chiuso infatti ai primi di settembre, quando l'accordo non c'era ancora. Ecco svelato l'arcano. Per il futuro bisognerebbe forse ripensare al Lonatese, quale strumento d'informazione tra amministrazione e cittadino, in chiave più flessibile.
L'accordo raggiunto con SEA è molto importante e permette di riportare sul nostro territorio i vigili prima destinati a Malpensa, garantendo così maggior controllo e sicurezza. Se questo è senza dubbio un successo, rimane però ancora da chiarire l'aspetto economico, ossia quanto SEA chiederà per coprire i costi del personale che fornirà per il servizio in aerostazione. Cosa non di secondaria importanza viste le notevoli difficoltà economiche del nostro ente. Questo aspetto dell'accordo servirà anche da “cartina tornasole” per capire come SEA intenda i rapporti con il nostro territorio. Qualcuno potrebbe obbiettare che però le multe staccate da questi ausiliari finiranno nelle casse del comune (o meglio dell'Unione). Verissimo, anche qui però un paio di precisazioni. Innanzitutto sono fermamente contrario nell'intendere le contravvenzioni come uno strumento atto a far cassa. In secondo luogo, molto dipende dall'entità del rimborso che SEA chiederà al nostro ente (per assurdo le multe potrebbero non essere sufficienti a coprire i costi del personale, visto anche l'ampio incremento di parcheggi a pagamento nei terminal). Quindi in definiva grande soddisfazione per questo accordo, ma non facciamoci prendere dall'entusiasmo, la strada è ancora lunga.
Da ultimo questo mio famoso articolo “incriminato” è stato oggetto di un commento anche da parte della Lega Nord di Lonate Pozzolo (leggi). Nulla da eccepire, ma una cosa da precisare anche qui. L'accordo siglato non chiude magicamente tutti i problemi e le questioni aperte tra il nostro territorio e l'aeroporto. I vigili erano utilizzati come esempio più lampante (ricordo che l'articolo parlava di molte altre tematiche importanti, sopratutto nella parte finale), ma se ne potrebbero fare degli altri, si potrebbe parlare di aree delocalizzate, di disagio ambientale, ecc... in conclusione cari amici leghisti, se l'esempio del mio articolo è stato superato dai fatti, la questione di fondo, il rapporto tra Territorio-Malpensa, è ancora aperta e tutta da giocare.

I link e le immagini rimandano ai rispettivi siti di provenienza, per gli articoli la fonte è il sito dei Democratici Uniti

sabato 13 novembre 2010

Il moralismo della Bindi è un virus che uccide i peccatori, cioè tutti

"Rosy e Silvio (e Nichi)" di Renato Farina da Tempi
Se uno attacca il moralismo, subito si pensa in giro, e lo si dice pure, che costui mette tra parentesi la morale. È vero il contrario. Il moralismo sta alla morale come la polmonite ai polmoni. Li infiamma, li soffoca, impedisce di respirare. Allo stesso modo il moralismo non difende la morale, come vorrebbero far credere i moralisti, ma la trasforma in arma immorale per uccidere il prossimo e aggiunge un’altra palata di male (chiamiamolo così) a quello che già domina il mondo.
Il caso è quello ovvio: Berlusconi. Non c’è in questo periodo uno, specie se cattolico, che possa sottrarsi a questa compiaciuta domanda: come fai a essere berlusconiano, se poi lui eccetera? Ho un sacco di risposte a questa domanda. Ma vorrei prima soffermarmi su chi la pone e come. E ho in mente un caso visto in tivù: Rosy Bindi che cerca di mettere in difficoltà Maurizio Lupi. Giovanni Floris li ha chiamati a Ballarò apposta: due noti cattolici. Una che difende la morale, l’altro che è costretto a sostenere Indovina-chi. La Bindi a un certo punto domanda a Lupi: «Ma tu in privato glielo dici a Berlusconi? Che cosa gli dici?». Sembra una domanda fatta apposta per incastrare la persona. L’idea che ha in mente la Bindi è di sorprendere un Lupi che: o tace e dunque acconsente a una vita libertina; oppure lo rimprovera, ma non viene ascoltato, e dunque è un perdente lui e un impunito B. Io penso che l’immoralità consista invece proprio in questa domanda. La quale ha una violenza bestiale. L’intimità non è solo quella che si pratica sotto le lenzuola. L’amicizia e l’affetto hanno sfere inviolabili. Lupi ha risposto benissimo: si vedeva che vuol bene a Berlusconi, ha detto che lui è se stesso sempre, testimonia quello che dà senso alla sua vita. Ed egli vede in B. la tensione all’ideale. Lupi non ha violato il segreto di qualcosa che appartiene al novero delle cose che non si trascinano in piazza.
Poi Lupi ha chiesto se mai nessuno tra i presenti al dibattito avesse telefonato a un carabiniere, a qualcuno in alto per aiutare una persona in difficoltà. Tutti hanno fatto gli ipocriti, la Bindi, Italo Bocchino: noi?-Mai…-Noi-pensiamo-alla-collettività,-non-ad-aiutare-una-Ruby-che-è-in-questura-o-Giuseppino-che-è-in-sala-d’attesa-e-sta-male… Spero che non sia vero, che sia stata pura ipocrisia. Ma moralismo è questo: amare il popolo in teoria, in pratica detestare la popolazione. Non vedere che il bisogno del paese è sì misurato dalle statistiche ma ha anche la voce singhiozzante di uno che ti telefona disperato. E fare qualcosa, quello che si può.
Invece questi moralisti dipingono un mondo dove non esiste pietà, non esiste altro che la regola. Un mondo di regole. Io penso che la morale sia quella che ho imparato: tendere all’ideale, servire e rispondere al bisogno che si incontra. Morale è non sentirsi in nulla migliore o meno peccatore di nessun altro. Non giudicare il prossimo e nemmeno se stessi. Di certo, non va assolutamente bene – come fanno alcuni – chiedere il consenso o vantare il libertinismo come modello di vita. Ma io preferisco Carlo Magno e avrei combattuto per lui, pur avendo egli avuto una decina di concubine, mentre il suo rivale era astemio e molto casto. Aveva dalla sua i fatti, Carlo Magno: con i suoi difetti, le sue debolezze (anche se lui se ne vantava), ha permesso la costruzione di un’Europa cristiana.
A proposito. Ecco una cosa che non chiederò a Rosy Bindi: ma lei che cosa dice a Nichi Vendola in privato ma anche in pubblico? Gli dice che la convivenza more uxorio con un uomo è – secondo la morale cristiana – incoerente e pure un cattivo esempio? O dirlo sarebbe omofobia?
 
di Renato Farina da Tempi del 11 novembre 2010

Il Patrono a Sant'Antonino?

“Ma la Festa Patronale, a Sant’Antonino, quand’è?” Questa domanda può apparire quasi stupida, il darle una risposta però è tutt'altro che impresa semplice.

"Credo che se si volesse mettere in imbarazzo un santantoninese la domanda migliore da porgli sarebbe: dopo un primo momento di incertezza (legato anche al carattere religioso della domanda) i più risponderebbero “la terza (domenica) di luglio, la festa del paese, quella della Madonna” Alcuni magari più religiosi, dopo qualche riflessione, azzarderebbero una risposta più coraggiosa: “la seconda (domenica) di Novembre” e aggiungerebbero subito, quasi a giustificazione “si, quando si brucia il pallone!”. Se questa stessa domanda venisse posta agli uffici comunali vi risponderebbero (dopo aver controllato in qualche registro) “ la festa patronale di Sant’Antonino è la seconda domenica di maggio, infatti il lunedì successivo tutte le (poche) attività presenti nella frazione sono chiuse causa Festività Santo Patrono” Quella che sembrava una domanda banale, in realtà non lo è affatto. La confusione in merito alla nostra festa è abbastanza normale, perché dovete sapere, miei pochi e cari lettori, che tutte e tre le affermazioni hanno un fondo di verità. La materia è però complessa e bisogna proseguir con ordine se non si vuol rischiare di perdersi nei meandri della storia." (continua...)
In alto la Chiesa Parrocchiale di S.Antonino Martire, foto di Melissa Derisi

venerdì 29 ottobre 2010

Zucche Vuote

La quiete di un piccolo paesino è turbata da una serie di apparizioni durante la notte. Si tratta solo di uno scherzo oppure vi sono davvero presenze malefiche che si muovono nella notte?
"Una sventurata era stata assalita sulla Via Vecchia, quella che costeggiava il paese correndo accanto alla rongia maestra, essa camminava indisturbato quando dai campi sull'altra sponda del piccolo canale era emersa una gigantesca figura. Nera come la notte, avvolta in un mantello, con al posto delle mani delle zanne e con un terrificante volto fiammeggiante. Essa ringhiava, mentre dalla bocca sputava fuoco. Quella era la descrizione più accurata che si potesse avere fin'ora della bestia. Il Parroco inizialmente credeva si trattasse di uno brutto scherzo fatto da qualche disgraziato, ma la cosa pareva ora davvero seria."
Per leggere l'intero racconto clicca qui, buona lettura.

Questo è il racconto inaugurale della sezione “Storie del Fiume e Leggende di Ringhiera” che trovate su “IlPopolo.NET (vai all'apposita sezione)

domenica 19 settembre 2010

Le Premesse Matematiche e Manageriali alla Crisi

Per concludere questo ciclo sulle premesse all'attuale Crisi vediamo le cause più tecniche.

da destra: Robert Merton (Nobel 1997),Michael Spence (Nobel 2001) e Eric Maskin (Nobel 2007)

Vi sono ancora due tipi di premesse da fare prima di trattar degli avvenimenti della crisi. Si tratta delle premesse Matematiche (scientifiche) e Manageriali. Le tratto qui insieme in quanto legate a doppio filo una all'altra.
Premesse Matematiche
Vi dice qualcosa il nome Robert Merton? Credo proprio di no, eppure il Professor Merton e le sue teorie hanno giocato un ruolo fondamentale nel preparare questa crisi. Andiamo però con ordine. Robert Merton è professore ad Harvard, studioso nel campo della finanza ha sviluppato la matematica delle opzioni e nel 1997 è stato insignito del premio Nobel per l'economia. La scoperta dell'algoritmo di Merton fu considerata “la chiave per governare i cicli economici futuri”. Da qui l'assunzione nelle più importanti banche, negli Advisor e nelle compagnie di assicurazioni dei migliori matematici per ricercare nuovi algoritmi, figli della teoria di Merton. Il mondo della finanza venne invaso dall'idea che tutto potesse essere calcolato, il rischio azzerato e l'incertezza eliminata in modo avviare finalmente un eterna crescita economica, svincolata dai cicli economici. Di fatto tutti i banchieri e i finanziari si fecero irretire da questa grandiosa promessa di utili sempre maggiori senza rischi. Questo mise in atto una pericolosissima spirale di convinzioni e pratiche che hanno contribuito a scatenare l'attuale crisi.
Prima di passare oltre una piccola precisazione, le intenzioni di Merton erano sicuramente buone quando elaborò le sue teorie, fu chi dopo le prese come una verità assoluta che sbaglio fortemente.

Premesse Manageriali
Riccardo Ruggeri importante manager internazionale ha osservato come nei fatti la carriera del top management si sia standardizzata in sei mosse: “1. Laurea a pieni voti 2. Master in una prestigiosa università (meglio se anglosassone) 3. perfetto mid-atlantic english 4. consulente junior in McKinsey oppure in Goldman Sachs 5. Assistente dell'Amministratore Delegato. 6. Amministratore Delegato.
Qualcuno si domanderà: cosa c'è di male? L'omologazione dei manager ha portato all'incapacità di cogliere i segnali di cambiamento in atto. Tutto questo dovuto ad un eccesso di fiducia nelle teorie scientifiche (di cui sopra) e alimentato da una crescita vertiginosa del tasso di avidità dei manager stessi. Mi spiego meglio: i contadini quando si alzano la mattina escono di casa, “annusano” l'aria, scrutano il cielo, valutano ai vari fattori a seconda dell'esperienza e prevedono come sarà il tempo (non ne sono certi al 100%). I manager di oggi, forti dell'idea che tutto è controllabile, accendono il computer controllano 2 dati e credono di sapere con assoluta infallibilità cosa accadrà sul mercato e nell'economia mondiale. Tutto questo è stato supportato dalla teoria e applicato su larga scala nelle formazioni universitarie. .
In definitiva una premessa importante a questa crisi è stato la presunzione, la presunzione di poter calcolare tutto (e quindi assoggettare alla propria volontà), ignorando nei fatti la realtà delle cose. Conviene meditare su questa “presunzione” perché è una tentazione comune a tutte le scienze.

lunedì 26 luglio 2010

IlPopolo.NET inizia l'avventura

Era da un po' di tempo che ci lavoravamo (io e un gruppo di amici) e alla fine ce l'abbiamo fatta, è nato IlPopolo.NET. Questo blog è la proiezione e la continuazione di un lavoro che va avanti oramai da qualche mese, quello del Movimento Culturale “Il Popolo” (sempre opera mia e di un gruppo di amici) L'invito è ovviamente quello a visitare il Blog per scoprire cosa facciamo, per poi magari unirsi a noi ;-) Ecco uno stralcio del mio saluto ai visitatori che spiega per sommi capi le nostre idee e la nostra opera:
In breve voglio spiegare le ragione di tutto questo, con la speranza di appassionare qualcuno di voi alla nostra opera. Viviamo in un momento di grande difficoltà, la crisi economica oltre alle difficoltà contingenti ha messo a nudo le fragilità e le inadeguatezze di un modello e uno stile di vita basati sul consumo. Questo modello, come un mostro ha fagocitato tutto, “consumando” anche l’uomo che si trova povero e privo di certezze, ideali e valori. Di fronte a tutta questa distruzione, noi proviamo la necessità di ricostruire. Andando alla riscoperta delle nostre radici per avere solide basi su cui ricominciare a creare. Quello che ci proponiamo di creare sono idee e cultura, un "prodotto" un po’ strano, ma del quale vi è assoluto bisogno. Per cultura non intendiamo strane alchimie o complesse chimere intellettuale, ma tutto ciò che riguarda la realtà e l’uomo, i suoi desideri, i suoi valori, la bellezza incontrata... in un clima di silenzio, vogliamo iniziare a parlare senza timore di ciò che desideriamo e abbiamo a cuore per noi, per chi verrà dopo di noi e per la nostra realtà. Da qui abbiamo iniziato a discutere e confrontarsi sulla più grande piazza virtuale esistente (facebook). Un luogo dove ognuno è libero di portare ciò che vuole, esperienze o idee, e di condividerle con gli altri. Così è nato anche questo sito per dialogare e raggiungere sempre più persone. Il nostro movimento si rifà a valori quali la Libertà, la Sussidiarietà, la Giustizia e l’Amicizia. Ci riconosciamo poi nella tradizione cattolica popolare del nostro paese, promuovendo al contempo un sano concetto di laicità. Riconosciamo infine il valore della Famiglia, della persona umana come singola o nelle formazioni sociali. Le prospettive di sviluppo per il futuro sono quelle di ampliare la nostra rete di amici. Vogliamo poi sempre di più andare alla ricerca del bello per mostrarlo a tutti, vogliamo fornire ai nostri aderenti quelle possibilità di crescita sociale e culturale che troppo spesso sfuggono per le contingenti condizioni avverse. Sappiamo che la sfida non è facile, ma le difficoltà non ci spaventano."



Il Coordinatore Mauro Andreoli

domenica 4 luglio 2010

I° Anno di Lavoro, un bilancio Umano e Politico

A un anno dall’elezione in consiglio comunale mi sembra doveroso fare un primo bilancio personale della mia attività. Per quanto riguarda l’attività amministrativa clicca qui o leggi l’articolo sotto
La Provincia del 27 giugno 2010 per leggere tutto l'articolo clicca qui

Ho partecipato a: 12 sedute (tutte) del Consiglio Comunale, esaminando e votando 96 punti all’ordine del giorno, a 2 Consigli dell’Unione tra i comuni di Lonate Pozzolo e Ferno. Ho inoltre partecipato a 6 Conferenze dei Capigruppo (senza contare quelle durante le sospensioni dei Consigli Comunali), 6 Commissioni Territorio, Lavori Pubblici e Ecologia, 5 Commissioni Bilancio e Finanza Locale, 2 Commissioni Servizi Sociali, una Commissione Cultura, 4 Consulte Sportive e 2 Commissioni Elettorali. Per un totale di 40 sedute tra consigli e commissioni. Ho presentato e sono stato relatore di due Mozioni (la prima in difesa del Crocifisso contro la sentenza di Strasburgo, la seconda in difesa della Via Gaggio e dell’abitato di Tornavento contro la 3^ pista) e ho firmato, congiuntamente al Capogruppo dei Democratici Uniti, un O.D.G. inerente il Patto di Stabilità Interno. Con una remunerazione lorda di 22 € circa per ogni seduta del Consiglio Comunale, per un totale netto di 200 € circa. A completare tutto questo stanno le varie celebrazioni ufficiali, i momenti pubblici, gli incontri con le associazioni, le persone, gli enti e le aziende oltre ai numerosi “vertici di maggioranza”. Non sono di certo mancati, durante quest’anno, momenti di tensione e questioni importanti da trattare, ma li abbiamo tutti superati. (vedi articoli solo per fare alcuni esempi)
Partiamo dalla parte numericaLe prime impressioni
Innanzitutto ho scoperto una Lonate che non mi aspettavo
. Troppo spesso il nome del nostro Comune è associato alla malavita o ad eventi negativi. Beh, Lonate non è solo questo, ma anche vi sono moltissime associazioni vive e attive degne di nota. Una ricchezza e un patrimonio straordinario, troppo spesso sottovalutato, che fa di Lonate una città bella e vitale.
Ho iniziato poi a prendere confidenza con la macchina amministrativa. E qui devo esprimere il mio rammarico per la sua eccessiva complessità e la sua “inadeguatezza”. In essa esiste una burocrazia e una lentezza che spesso rallentano o peggio ostacolano l’azione amministrativa. Non mi riferisco ai dipendenti comunali, nei quali ho incontrato persone disponibili e preparate, mi riferisco piuttosto alla complessità e alle procedure bizantine che la legge impone anche per le cose più semplici. Tutto questo ostacola la politica e non aiuta i cittadini.

Prospettive per il futuro
Il mio primo grande obbiettivo è riuscire ad avviare una politica meno palazzinara e più popolare. Cosa significa? Riaffermare innanzitutto il primato della politica sulla tecnica, renderla insomma più semplice e accessibile, per riavvicinarla alla gente. Oltre le differenze culturali e politiche ho intenzione di ascoltare, confrontarmi e dialogare con i singoli o i gruppi per costruire insieme il “bene comune”. Voglio essere di prossimità ai cittadini per capirne i bisogni e far sentire la presenza delle loro istituzioni, attraverso un volto umano. In poche parole avverto la necessità di tornare ad una politica autentica e vera, costruita tra e al servizio della nostra gente. Desidero riconciliare la politica con la vita.
È proprio con questa idea che voglio svolgere i ruoli affidatimi fino in fondo con impegno, serietà e passione.
Primo il ruolo di Capogruppo datomi dalla maggioranza. Rappresentandola degnamente attraverso la coesione delle sue anime, facendo sintesi e argomentando le nostre scelte politiche. Coordinandone poi il lavoro e tentando sempre il dialogo e la mediazione. Tutto questo dentro l’equilibrio, l’imparzialità e la responsabilità che si richiedono all’amministratore pubblico.
Secondo (ma non per importanza) il ruolo che gli elettori mi hanno affidato, ossia quello di Consigliere Comunale. Per scelta non sono stato nominato Assessore, questo mi da la grande possibilità di non dovermi focalizzare subito su un'unica area di gestione (Bilancio, Sport o Cultura) ma di poter vivere a 360° l’attività amministrativa.
Questo mi consente, al contempo, di conservare un ruolo più “politico”, posso interessarmi da vicino delle problematiche e delle istante del nostro territorio con particolare riferimento anche alla nostra frazione di S.Antonino. Per tempo e grandezza il Capoluogo di Lonate assorbe maggiormente le attenzioni di un Assessore, ma non quelle di un consigliere, il cui compito è farsi promotore diretto delle istanze del suo territorio. Da Consigliere voglio creare un rapporto organico tra il capoluogo e la frazione, essi devono dialogare tra loro con la medesima dignità. Senza trascurare però quelle dinamiche e problematiche che toccano tutto il nostro territorio. La sfida non è facile, ma con il vostro aiuto possiamo vincerla
Due Grazie e un ImpegnoPrima di chiudere vorrei ringraziare chi mi è stato accanto in quest’anno, partendo dagli amici e parenti arrivando fino a chi inconsapevole mi ha dato un consiglio importante, una pacca sulla spalla o mi ha regalato un sorriso in un momento difficile. Grazie a tutti voi
Grazie poi a tutti coloro che un anno fa mi hanno dato la loro fiducia, quando siedo in consiglio comunale so di non essere solo, ma anche di non essere lì per merito mio, ma al servizio del bene del nostro popolo.
Ed è con queste persone che prendo un impegno solenne: scrivetemi, commentate questo articolo, contattatemi, telefonatemi ad ogni ora per avere risposte, farmi rimproveri, segnalarmi necessità o altro. Fare veramente politica significa portare in alto, non la mia, ma la vostra voce. Sono a vostra disposizione!!!

domenica 27 giugno 2010

Ecomuseo di Via Gaggio

La Difesa e la Valorizzazione del proprio Territorio sono doveri inderogabili per ogni cittadino. Via Gaggio ha un grande valore per la nostra comunità, il Comitato spontaneo di Viva Via Gaggio ne è una prova, chiediamo che questo valore venga riconosciuto anche dalla Regione Lombardia tramite la concessione dell’Ecomuseo.
La mia speranza è che su una questione così importante si possa giungere all’unanimità in Consiglio Comunale, l’ho già detto durante il discorso d’insediamento dell’anno scorso: “Lonate non può cadere sotto il peso delle divisioni politiche” Quello che però mi spaventa, oltre le posizione politiche, è da la disinformazione, il disinteresse o peggio la rassegnazione di molti. È per questo che ringrazio di cuore il Comitato di Viva Via Gaggio per l’opera che sta facendo. Non basta la politica se dietro di essa non c’è una comunità viva, un popolo.
In questa battaglia durissima, fatta di interessi economici lontani, quello che ci sostiene non è una graziosa idea ecologica, ma la consapevolezza di lottare anche per le persone di Tornavento e perché questo grande patrimonio (Via Gaggio) possa arrivare intatto alle generazioni future. Solo dalla nostra unità può originarsi la speranza."
Guarda il Testo della Mozione
Immagine: articolo di Matteo Bertolli La Prealpina del 26 giugno 2010 fonte

giovedì 24 giugno 2010

Le Premesse (Politiche) alla Crisi

Le cause della Crisi non sono state tutte economiche, vi sono responsabilità precise per scelte politiche errate

Conviene a questo punto fermarsi un attimo e riflettere. Le banche non sono certo enti di beneficenza (questo l’ho già detto), ma hanno sempre avuto un’immagine istituzionale molto forte. Professionalità, segretezza, prudenza erano solo alcuni dei tratti distintivi di banchieri e bancari. Com’è accaduto che queste persone siano divenute improvvisamente talmente avide da ricercare il guadagno ad ogni costo? Sotto vi sono responsabilità politica bipartisan. L’amministrazione Clinton (1993-2001) maturò una particolare strategia immobiliare. Obbiettivo: aumentare il numero di proprietari di casa, soprattutto tra ispanici e neri. Risultato atteso: ripercussioni sociali molto favorevoli, meno crimini violenti e maggiore sicurezza sociale soprattutto tra le classi meno abbienti. Braccio destro di Clinton in questa operazione fu Roberta Achtenberg, lesbica, attivista e avvocato dei diritti civili nonché lobbysta per la comunità gay di San Francisco. Essa diventò assistant secretary dell’ufficio per la Fair Housing and Equal Opportunity del Dipartimento per la casa e lo sviluppo urbano. Dal momento del suo insediamento la Sig. Achtenberg attuò una massiccia politica di controlli sulle banche. Ogni istituto che rifiutasse un mutuo ad un ispanico od un nero, magari perché semplicemente non giudicato solvibile, venne sottoposto ad un severissimo screening per verificare se si fosse trattato di discriminazione razziale (oppure legata all’orientamento sessuale). Questo meccanismo si intensificò con il tempo, appoggiata anche dal ministro della giustizia Janet Reno. I controlli si inasprirono, le banche ritenute “colpevoli” subirono pesanti sanzioni. Addirittura la limitazione nell’apertura dei propri sportelli. Alla fine gli istituti creditizi, per non incorrere in maggiori sciagure, dovettero cedere e offrire mutui e danaro a chiunque li chiedesse, anche senza garanzie.
Da qui partì la necessità delle banche di alimentare una “finanza creativa” in grado di liberarle da tutti questi mutui di dubbia solvibilità che avevano in portafoglio. Questi i motivi della deregulation e dello scambiarsi sui mercati di titoli tossici. Infine le banche videro l’alta redditività dei subprime e fu l’inizio della fine. Nel frattempo ci fu il cambio di guardia alla Casa Bianca. L’Amministrazione Bush sbagliò a non sconfessare subito questa politica. all’inizio il Presidente Bush sembrò seguire le orme del suo predecessore: “Diventare proprietari di una casa è un modo di realizzare il sogno americano: voglio estendere il sogno a tutti … Abbiamo bisogno di capitali per acquirenti a basso reddito: Fannie Mae e Freddie Mac faranno la loro parte” (18 luglio 2002). Di lì a breve Bush si corresse e cambio drasticamente rotta, ma orami era troppo tardi, il punto di non ritorno era stato superato.

giovedì 27 maggio 2010

Fatta l’Italia, raccontiamo la vera storia agli italiani

Si fa tanta polemica sull’anniversario dei 150° anni dell’Unità d’Italia ecco un articolo illuminante a proposito:
"A centocinquant’anni dall’unità non c’è ancora un’identità condivisa. Le difficoltà odierne ad affrontare le questioni cattoliche e federalista


Bisogna farsene una ragione: celebrare il 150° anniversario dell’unità d’Italia nel 2011 sarà un problema, anzi lo è già adesso. E non tanto per i ritardi del governo nel preparare le celebrazioni, o per il fatto che il comitato di garanti risulta costituito in parte dal governo Prodi e in parte dal successivo guidato da Berlusconi, con le inevitabili divisioni. Il vero problema è che non esiste un’identità italiana condivisa, non soltanto nella classe politica come ha scritto Ernesto Galli della Loggia, ma nel paese, a cominciare dagli intellettuali. Preso atto della realtà, non si deve disfare l’Italia, anzi. Bisogna pazientemente ritornare indietro nel tempo, ricercare i motivi di questa mancanza, individuare e curare le ferite e le amnesie che hanno accompagnato la nostra storia nazionale unitaria.Cominciamo dalle amnesie. L’Italia non nasce nel 1861, proprio perché anche precedentemente non era soltanto un’«espressione geografica», ma un insieme di popoli diversi eppure uniti da una cultura condivisa. Non si possono dimenticare le radici che affondano nella civiltà romana e anche prima, l’esito culturale e civile della prima evangelizzazione cristiana che dà vita alla ricchezza dell’epoca medioevale, la straordinaria e complessa produzione artistica dei secoli dell’Umanesimo e del Barocco. Sarebbe riprodurre una frattura artificiale volere insistere su celebrazioni “rivoluzionarie”, che dimentichino la nostra storia precedente il 1861. Ma non si possono dimenticare neppure le insorgenze antinapoleoniche che hanno visto le popolazioni di ogni regione italiana opporsi con la forza all’imposizione di una cultura rivoluzionaria durante il dominio napoleonico, dall’invasione francese del 1794 alla sconfitta definitiva di Napoleone nel 1815. Così come non si deve dimenticare il 18 aprile 1948, quando l’Italia moderata e cattolica ha espresso a larga maggioranza la volontà di appartenere a una civiltà cristiana e occidentale: eppure, come ha scritto l’insospettabile Pietro Scoppola, questo evento, che segna la nascita dell’Italia moderna, non è mai stato celebrato dagli stessi vincitori.Ma ci sono anche le ferite, non dobbiamo dimenticarlo. L’Italia diventa uno Stato unitario attraverso una violenza che colpisce la Chiesa cattolica. Quando un sacerdote, un padre di famiglia, un maestro o un professore che si ritengono cristiani raccontano la storia della loro nazione non possono nascondere questa ferita originaria. Una ferita che è stata sanata giuridicamente nel 1929 con il Concordato, che era già stata risolta politicamente nel 1913 con il Patto Gentiloni, quando i cattolici cominciarono a votare alle elezioni politiche dopo il non expedit, ma che rimane dal punto di vista culturale perché, come scriveva Augusto Del Noce, se un popolo non possiede una ricostruzione unitaria della propria storia non potrà essere veramente unito. E se questa ricostruzione unitaria non veniva tentata durante l’epoca delle ideologie (se non attraverso una ricostruzione di impronta marxista o azionista) appunto a causa delle divisioni che avrebbe prodotto, oggi non viene affrontata perché quasi nessuno se ne preoccupa veramente. Con qualche eccezione.La prima eccezione viene dal mondo della Lega. Esso rappresenta (con toni e modalità non sempre adeguati e comprensibili) coloro che furono sconfitti nel processo risorgimentale perché proponevano una soluzione federalista dell’unificazione italiana. Ossia non volevano uno Stato centralista, sul modello francese, che invece venne scelto e imposto con la violenza dai vincitori. Questa è l’altra grande ferita dopo la “questione cattolica” che pesa sulla storia italiana: la “questione federalista”. Grandi cattolici come il beato Antonio Rosmini l’avevano proposta, ma anche intellettuali “laici” come Carlo Cattaneo; non vennero ascoltati e così il rifiuto di una soluzione federalista, che avrebbe rispettato le peculiarità delle diverse popolazioni italiane, comportò fra l’altro quella guerra civile nel Sud d’Italia che costò 10 mila morti nel decennio 1860-1870 e segnò l’inizio della “questione meridionale”.

Scorciatoie ideologiche
L’altra importante eccezione riguarda il movimento cattolico italiano. Seppure con diverse sfumature e proposte, esso continua ad avere a cuore l’italianità e a coltivarne le radici. Anzitutto ricordando “tutta” la storia della nazione, comprese le insorgenze e il 18 aprile 1948 che tutti (anche i cattolici quando sono stati al governo, purtroppo) hanno volutamente dimenticato o vituperato. Il mondo cattolico non ha coltivato “sogni” antiunitari neppure nei tempi dell’intransigente «opposizione cattolica», come la definiva Giovanni Spadolini riferendosi al periodo dell’Opera dei Congressi (1874-1904), ma non può smettere di raccontare la verità storica. Quando tace, quando smette di dire la verità, perde la propria identità e diventa insipido.Le ferite ci sono e non si possono nascondere. Bisogna affrontarle e cercare di medicarle, usando i toni adatti a un progetto di riconciliazione fra tutti i vinti e vincitori della lunga storia italiana. Ma un progetto che non sacrifichi nessun aspetto della verità storica e non cerchi di cavarsela attraverso la proposizione di scorciatoie ideologiche che non convincono più nessuno, si chiamino pure Risorgimento, Resistenza o unità antifascista."

di Marco Invernizzi da Tempi del 10 settembre 2009

domenica 23 maggio 2010

Inter sulla vetta d’Europa

Una Gioia Infinita che dura una vita, Pazza Inter AMALA!!!!
Grandissima Inter, la Beneamata conquista la sua terza Coppa Campioni/Champions League, insieme alla Scudetto n. 18 e alla 6° Coppa Italia (Prima Italiana a fare Tripletta). Una grande gioia, per i giocatori e i tifosi. Una grande festa, vissuta con intensissima umanità, una grande Gioia che solo chi ama questa squadra può capire.
Grazie J. Zanetti (Grande Capitano), Cambiasso, Milito, Sneijder e a tutti gli altri
Grazie Massimo Moratti, ma un pensiero anche a Angelo Moratti, Giacinto Facchetti e Peppino Prisco
Grazie José Mourinho (Insuperabile)

Questa vittoria va sicuramente alla squadra e ai tifosi dell’Inter. Ma vi è anche la gioia di aver fatto vedere un calcio che può dirsi “Grande”, giocato da Signori, diverso da quello a cui troppo spesso siamo abituati (ad es. 3° tempo). E da qui sempre più in alto…

venerdì 14 maggio 2010

Le Premesse (Economiche) alla Crisi

In questi giorni è in atto il salvataggio della Grecia da parte dell’UE con uno storico cambio di rotta per quanto riguarda la politica monetaria della BCE. Noi però continuiamo a parlare della crisi iniziata nel 2008 negli USA, perché anche la Crisi di Atene è figlia di quella americana. Una crisi indubbiamente è generata dall’intrecciarsi di numerosi fattori, vi sono però alcuni fattori più determinati di altri, per la crisi USA del 2008 essi sono:
L’indebitamento. Negli ultimi 20 anni il debito delle famiglie americane (e non solo) è aumentato spaventosamente arrivando a toccare il 96% del PIL. (negli USA il debito è sostenuto prevalentemente dalle famiglie, in Europa invece dagli Stati nazionali). Il debito è stato finanziato prevalentemente dal sistema bancario. L’inflazione e il rallentamento dell’economia hanno però eroso il potere di acquisto delle famiglie, riducendo la loro capacità di risarcimento del debito contratto. Questo ha esposto sempre più le banche al rischio di insolvenza dei loro clienti. Con la “finanza innovativa” le banche si sono scambiate questi titoli e con essi il rischio di insolvenza, legandosi a doppio filo in una spirale molto pericolosa.
La Deregulation, esistono parametri di controllo per la stabilità patrimoniale delle banche. Uno tra i più semplici è quello che mette in relazione il Capitale Proprio della banca con i suoi debiti. A partire dal 1999 negli States si assiste alla Deregulation, cioè la deregolamentazione. Infatti con una serie di atti, il Congresso e l’amministrazione USA, fanno venir meno uno dopo l’altro buona parte di questi parametri prudenziali. Nel 2004 addirittura il dipartimento del Tesoro esonera le banche interstatali dai controlli sui “prestiti predatori” (prestiti che si rivolgono alla popolazione più debole, con tassi, penali e commissioni molto alte, se non eccessive). Questo porta inevitabilmente all’abuso (il denaro inizia a generare se stesso), ma ancora di più toglie ogni freno all’indebitamento della banche, che inizia a cresce a dismisura. I Capitali Propri dei vari istituti non sono più proporzionati al rischio complessivo che questi debiti portano con loro.
I Subprime (o prestiti di second chance) sono prestiti concessi a persone a rischio (già insolventi in passato) per l’acquisto di unità immobiliari. Questi prestiti sono concessi anche senza documentazione e garanzie adeguate.
Alcune società si specializzano in tali prestiti facendosi rimborsare tassi sensibilmente più alti della media, nel 2005 la FED aumenta i tassi di riferimento e questo porta all’espansione della diffusione di questi strumenti. Essi sono vere e proprie “bombe ad orologeria”, perché portano con loro altissimi rischi di insolvenza. Le banche vedono quindi bene di ripulire i loro bilanci da questi titoli tossici tramite cartolarizzazione. I prestiti vengono tramutati in titoli obbligazionari e collocati sul mercato. Essi sono tutelati da appositi strumenti derivati, tanto che alcune società di rating li giudicano (forse un po’ ingenuamente) affidabilissimi, assegnandogli anche la tripla A, il più alto giudizio in merito alla solvibilità del debito.

Fanno molto riflettere le dichiarazioni di William Dalls, amministratore delegato di una società specializzata in Subprime che più tardi dirà:
“ Nel 2006 le Cartolarizzazioni hanno generato il 33% degli utili totali delle 5 grandi banche d’investimento di Wall Street, contro il 13% del 2000, così da aver potuto dichiarare profitti per 130 miliardi di dollari”.
“ Le banche hanno specificatamente chiesto in offerta più mutui di scarsa qualità perché altrimenti avrebbero perso grosse opportunità di profitto. Le banche sanno di vendere carta straccia”.

domenica 2 maggio 2010

Via Gaggio e Tornavento: Padroni a Casa Nostra

Nell’ultimo consiglio comunale era in discussione una mia mozione avente per oggetto: tutela della Zona di Brughiera del Gaggio.
In questo documento, partendo da premesse locali, si esprimeva la nostra contrarietà alla possibilità della realizzazione di un eventuale terza pista di Malpensa. Una simile minaccia non è imminente, ma neanche molto remota.
Un simile intervento:
Distruggerebbe la Brughiera del Gaggio (con annessa Via Gaggio), un patrimonio straordinaria bellezza, insieme di valori storici e ambientali eccezionali. Se inglobata nel sedime dovremo dirgli irrimediabilmente addio.
Minaccerebbe fortemente l’abitato di Tornavento. Non solo in termini di qualità della vita, ma costringendo anche alcune famiglie a dover abbandonare la propria casa. Una nuova delocalizzazione, quando le ferite lasciate sul nostro territorio dalle prime (delocalizzazioni) non si sono ancora rimarginate.
Da ultimo distruggerebbe anche Via Molinelli, rendendo molto più difficoltoso la viabilità nella nostra zona.
Il fatto politico più importante, a mio avviso, è illegittimità della possibilità data a SEA di pianificare e disporre del nostro territorio in piena libertà e autonomia.
Essendo in pericolo il nostro territorio, bene essenziale per il nostra comunità, e la qualità della vita della nostra gente, mi sembrava opportuno si realizzasse una forte unità politica, espressa in consiglio comunale da un voto unanime. Il Gruppo di Centro-Sinistra dei Democratici Uniti ha aderito a questo appello, sostenendo la mozione. Durante una sospensione abbiamo concordato con loro un testo unitario che riprendesse alcuni punti sollevati anche in un loro precedente documento.
Stessa disponibilità non è arrivata dalla Lega Nord, che si è mostrata quanto mai moderata e possibilista. Consigliandoci la rassegnazione verso la realizzazione di una terza pista, consigliandoci di consegnare il nostro territorio senza combattere per poi poter elemosinare qualche briciola da SEA. Tutto questo formalizzato con il voto contrario alla mozione, quindi favorevole alla terza pista.
Ho espresso una forte critica alla Lega in relazione a questo:
Preciso che sono sempre stato molto favorevole al federalismo, idea che la Lega ha il merito di aver rilanciato nel panorama politico italiano e di avere il massimo rispetto per le persone che localmente rappresentano questo movimento. Però mi sembra di cogliere una strana incongruenza storica. Io sapevo che la Lega Nord si richiamava apertamente alla Lega Lombarda, alleanza dei comuni lombardi che combatte l’invasione del Barbarossa. Da qui simboli come il Carroccio, Alberto da Giussano e Pontida, tutti legati alla battaglia di Legnano e alla Lega Lombarda. Questa alleanza nasceva per difendersi dall’invasore, che voleva estendere la sua influenza nell’Italia settentrionale, i comuni lottarono per poter restare liberi e autonomi. Il nemico era molto forte e le speranza di vittoria non erano ampissime, ma i comuni ebbero il coraggio di combattere ugualmente. Bene, oggi l’invasore non arriva più con la cavalleria, ma con ruspe e autorizzazioni di Enac, non si tratta più del Barbarossa, ma di SEA. Un impero economico che mira a espandere la sua influenza sul nostro territorio per garantire ritorni economici ai suoi azionisti, senza avere l’accortezza neanche di interpellare gli enti comunali. La storia si ripete e gli eredi della Lega Lombarda cosa fanno? Consegnano il territorio senza combattere.
Il federalismo, per me, non è scambiare l’arrogante governo di Roma con l’altrettanto arrogante governo di Milano, è se mai una forma di governo che garantisce maggiormente la libertà e l’autonomia, così da avere un governo davvero più vicino al popolo.
Forse converrebbe fondare una Lega per combattere il BarbaSEA? Io credo che la battaglia per la difesa del nostro territorio, per libertà e l’autonomia, sia un dovere irrinunciabile della politica. Indipendentemente che l’invasore sia SEA, la Regione o “Roma Ladrona”, vogliamo restare Padroni a casa nostra

Se qualcuno volesse approfondire l’argomento lo invito a contattarmi.

sabato 24 aprile 2010

25 aprile e 1° maggio

"Due ricorrenze di alto valore ideale e politico: il 25 aprile ed il 1o maggio. Celebrare la ritrovata libertà del nostro popolo e la centralità del lavoro nell'economia è un dovere cui nessuno si può sottrarre, specie se vogliamo vivere il 25 aprile e il 1 maggio come giornate in cui si onorano valori autenticamente condivisi e avvertiti come vivi e vitali da tutti gli italiani e, in particolar modo, dai più giovani. Negli ultimi anni molti passi avanti nella giusta direzione sono stati compiuti e dalla quasi totalità delle forze politiche. Coloro che si ostinano ad erigere steccati di odio o a negare le infamie dei totalitarismi sono pochi, quanto isolati nella coscienza civile degli italiani. La ricostruzione di una memoria condivisa, una sincera pacificazione nazionale nel rispetto della verità storica tra i vincitori e i vinti sono traguardi ormai raggiunti anche per il nobile e coraggioso impegno profuso, in stagioni politicamente diverse, da due Presidenti della Repubblica che voglio salutare e ringraziare: Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi. Eppure, penso che sia tuttora di grande significato politico e morale rammentare il valore insostituibile della libertà, bene supremo per ogni essere umano, precondizione per ogni democrazia, e penso sia lecito domandarsi se ancora oggi - sessantatré anni dopo la liberazione - la nostra libertà corra pericoli e sia davvero minacciata. Spero non meravigli se alla domanda mi sento di rispondere affermativamente, se ritengo che la Camera dei deputati debba essere consapevole che un'insidia per la nostra libertà e, di conseguenza, per la nostra democrazia a mio avviso esiste tuttora. La minaccia non viene di certo dalle ideologie antidemocratiche del secolo scorso, che sono ormai sepolte con il Novecento che le ha generate. I rischi per la nostra libertà sono oggi di tutt'altra natura. L'insidia maggiore viene dal diffuso e crescente relativismo culturale, dalla errata convinzione che libertà significhi assoluta pienezza di diritti e pressoché totale assenza di doveri e finanche di regole. La libertà è minacciata nello stesso momento in cui - come sta avvenendo per alcune questioni - nel suo nome si teorizza una presunta impossibilità di definire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Essere consapevoli di questo pericolo e sventarlo è dovere primario della politica, se davvero vuole onorare il suo primato. Ed è compito delle istituzioni ed in primis del Parlamento riconoscere e valorizzare il ruolo centrale che, nella difesa della libertà autenticamente intesa, hanno l'educazione dei giovani e la diffusione del sapere. È nella famiglia e nella scuola, luoghi dove si formano i cittadini di domani, che nasce, cresce e si diffonde l'ideale della libertà, un ideale che va difeso quotidianamente da un altro pericolo: la progressiva perdita di autorevolezza dello Stato, l'affievolirsi del principio di legalità, l'aleatorietà del diritto alla giustizia, specie in sede civile, il conseguente diffondersi di un senso di insicurezza tra i cittadini, fenomeni che sono la spia di un malessere della democrazia che riguarda l'intero Occidente, che in Italia non sono più acuti che altrove, che non devono indurre a presagire la disgregazione della coesione sociale, ma che sono comunque presenti in misura tale da imporre alle istituzioni il dovere di contrastarli.”

Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati, discorso di insediamento 30 aprile 2008

venerdì 23 aprile 2010

Ridateci la Resistenza

La Sinistra l’ha occupata, facendola totalmente sua, oggi è necessario che la resistenza torni ad essere un patrimonio comune. Nell’imminenza del 25 aprile si riaccendono sempre le polemiche. Ad esempio quest’anno è presa di mira “Bella ciao” storica canzone partigiana che un sindaco leghista in provincia di Treviso ha vietato nei cortei.
Sono passati ben 65 anni dalla liberazione eppure quando se ne parla, ancora si infiammano polemiche e scontri tra fazioni politiche che rivendicano il protagonismo della guerra di resistenza. Questa conflittualità non dovrebbe esistere, perché la storia della resistenza è un prezioso patrimonio comune della nostra storia.
Essa ha inizio l’8 settembre 1943 con l’annuncio dell’armistizio di Cassibile con cui l’Italia si arrendeva agli alleati. Questa è a mio avviso la pagina più nera della nostra storia recente, non tanto per la sconfitta militare subita, ma perché in essa si consuma la morte del nostro Stato. Infatti l’8 settembre il Re fugge da Roma e il Governo pure, senza lasciare alcuna indicazione all’esercito. I più importanti organi istituzionali scappano senza preoccuparsi di uno degli obblighi costitutivi più importanti per uno stato, assicurare la difesa della sua gente e della sua terra contro i nemici. È da qui che nasce la resistenza, come moto spontaneo di un popolo in lotta per liberare la sua terra dall’invasore. Dico popolo perché all’interno nelle formazioni partigiane era rappresentata TUTTA la nazione, non vi erano solo i comunisti o i socialisti (che in realtà erano solo una minoranza delle forze partigiane), ma vi erano anche i monarchici, i liberali e i cattolici. È quindi ingiusto attribuire a una sola parte politica quella che fu una “resistenza di popolo”.
Alla vigilia delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia siamo chiamati a ricordare che cosa fa della nostra gente un popolo e del nostro paese una nazione. La guerra di liberazione non può essere appannaggio di una sola parte politica, perché è stata un esperienza comune fondativa per tutta la nostra nazione. Essa fu un moto spontaneo di libertà e una testimonianza di vitalità del nostro popolo, che nonostante le disavventure della storia non si piegava all’ingiusta morte del suo Stato, ma resisteva in modo autonomo per la libertà contro tutte le ideologie. Quest’anno il 25 dobbiamo sentirci tutti un po’ partigiani.

mercoledì 21 aprile 2010

L’idea di Fini serve al PDL

Se Generazione Italia resta una forza interna di stimolo e proposta, può essere una risorsa preziosa per il futuro del PDL

Preciso subito che non sono affatto un fan delle posizione politiche di Gianfranco Fini. Su alcuni temi mi trovo in totale disaccordo, ma devo ammettere che, questa volta, il Presidente della Camera mette sul piatto temi fondamentali per il futuro del PDL.
Innanzitutto bisogna considerare che Fini e Berlusconi sono espressione di due aree politiche diverse, il primo di Destra il secondo più di Centro. Queste due aree si sono fuse nel PDL, con l’importante progetto politico di dar vita ad soggetto unitario di CentroDestra in Italia.
Silvio Berlusconi è indubbiamente l’attuale Leader del PDL. Il suo ruolo e il suo carisma gli hanno permesso negli anni di esercitare il ruolo del decisore unico. Questo è a mio avviso pericoloso e sicuramente poco gradito a Fini, uno che arriva dai partiti della Prima Repubblica, basati su una più ampia democrazia interna. Giudico interessante l’idea di Generazione Italia, perché serve a costruire un’alternativa in chiave strategica. Spiace dirlo, ma Berlusconi non è eterno. La possibilità che si sviluppi la figura di un altro leader non è quindi solo auspicabile, ma addirittura necessaria.
Il PDL è poi un partito che raccoglie il 38% dei voti e non si può immaginare che al suo interno vi sia una sorta di unanimità di vedute. Lo sviluppo di correnti interne è quasi fisiologico, in quanto espressione di sensibilità e idee differenti.
Generazione Italia serve poi per una questione di equilibrio politico. Serve infatti qualcosa per controbilanciare il potere leghista, uscito rafforzato dalle scorse elezioni. Fini potrebbe servire da
equilibratore, evitando così un eccessivo appiattimento del PDL sulle posizioni leghiste. Infatti, seppur alleato fedele e prezioso, la Lega porta avanti istanze politiche diverse da quelle del Popolo della Libertà.
In definitiva ben venga Generazione Italia, a patto che resti davvero una forza di stimolo, senza trasformarsi in una corrente, pronta a dilaniare l’unità politica del PDL per sete di potere. Questo non tanto per Fini o Berlusconi, ma per il futuro stesso della politica italiana.

domenica 18 aprile 2010

18 aprile (1948) Festa Nazionale della Libertà

Voglio fare una proposta molto semplice: istituire il 18 aprile come Festa Nazionale della Libertà So che può apparire come una provocazione, ma credo dovremmo avere maggiore coscienza dell’importanza di questa data per la nostra storia.
Il riferimento storico è il 18 aprile 1948. I più mi diranno: ma cos’è successo di così importante in quella data? Vediamo di scoprirlo:
Il 18 aprile 1948 si sono svolte le prime vere elezioni politiche in Italia. L’Assemblea Costituente aveva terminato i suoi lavori, dando alla luce l’attuale Costituzione, un documento mirabile soprattutto nella parte valoriale, opera di un compromesso storico di altissimo spessore culturale. Forse un po’ troppo pavida nel delineare la forma di governo, ma questo è un altro discorso…
A fronteggiarsi erano essenzialmente la Democrazia Cristiana di De Gasperi e il Fronte Democratico Popolare, cioè il PCI di Togliatti insieme al PSI. Da una parte lo Scudo Crociato e dall’altra la Stella con Garibaldi (questo era il simbolo del Fronte). Risultato: la DC stravince raccogliendo da sola il 48,51% dei voti, il 13 % in più di quelli ottenuti per l’Assemblea Costituente. Sono sciuro che qualcuno avrà commentato: “si, beh e allora? Che me n’importa?”
La celebrazione che voglio promuovere non è semplicemente il ricordo della vittoria di una forza politica (più o meno simpatica) sull’altra. In quell’elezione si è giocato il destino del nostro paese e del nostro popolo. Eravamo, allora, di fronte a una vera e propria “scelta di campo”. Da una parte la DC, con i suoi alleati e i comitati civici rappresentavano la democrazia, la libertà, l'atlantismo, l'europeismo, insomma la scelta occidentale. Dall’altra parte vi era il PCI di Togliatti legato a doppio filo con il regime di Mosca. Esso rappresentava la scelta di dipendere direttamente dall’URSS. Una scelta tutt’altro che felice. Per capire l’entità del pericolo scampato basta ricordare Katyn, i carri armati impiegati per reprimere la primavera di Praga, oppure i nostri soldati mai tornati dalla Russia, i Gulag…
Insomma il 18 maggio 1948 non vinse la DC, ma vinse l’Italia, che scelse (votò il 92,2% ) di restare libera e forte, opponendosi al pericolo comunista. Siamo tutti figli di quell’evento, grazie al quale siamo stati e siamo liberi. Per questo dobbiamo ricordarlo.
Viva l’Italia, VIVA il 18 aprile!!!

Grazie Consulta

È di pochi giorni fa la notizia che la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibili i ricorsi presentati dalla Corte d’Appello di Trento, inerenti il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Sono felicissimo per questa sentenza. “evviva la corte costituzionale!!! Finalmente una sentenza come si deve!!!”
Prima di essere frainteso, preciso che la mia gioia non è per il merito della questione, ma piuttosto per la rilevanza politico-giuridica di essa.
L’unione fra persone dello stesso sesso è materia complessa, sulla quale è difficilissimo legiferare in quanto non esiste di fatto una posizione largamente condivisa all’interno della nostra società. Presupposto necessario per la legislazione su un argomento così importante e fondamentale. Se è possibile ipotizzare per il futuro intese atte a garantire maggiore tutela ai singoli in queste unioni, bisogna avere però sempre una salda consapevolezza: mai tali tutele potranno sostituire, ledere o usurpare l’istituto del matrimonio, atto costitutivo della famiglia.
La mia gioia per questa sentenza è legata ad altro. La corte non ha mancato di sottolineare come la sede opportuna per certe rivendicazione non è l’ambito giudiziario, ma quello legislativo. Finalmente qualcuno che lo dice chiaramente. Le leggi si fanno in Parlamento, le stabiliscono i rappresentati del popolo e non i giudici.
In una democrazia le leggi sono fatte dal parlamento e dalla mediazione, tra maggioranza e opposizione, che in esso si sviluppa, ma mai dai giudici. Questo perché ilo il parlamento possiede una legittimazione popolare, che la magistratura non ha. Accade però a volte che qualche minoranza organizzata voglia agire fraudolentemente per afferamre alcune sue istante, una forma embrionale di dittatura.
È infatti un vecchio giochetto degli ambienti radicali, far passare un’istanza politica per un diritto ingiustamente negato, ricorrendo poi al giudice per farselo riconoscere. Il risultato in caso di accoglimento è l’introduzione forzata nell’ordinamento di un principio in contrasto con il volere della maggioranza della società.
Un esempio di questo ci viene della storia, con la sentenza “Roe versus Wade” della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1973.
Norma McCortvey (durante il processo assunse il nome di Jane Roe per questioni di sicurezza) citava in giudizio il procuratore distrettuale del Texas, Henry Wade, che applicando le leggi dello stato gli aveva impedito l’aborto. La Corte sconfessò l’operato del procuratore, aprendo di fatto la strada alla legalizzazione dell’aborto negli USA. Tutto questo quando la legislazione in materia era ampiamente negativa in molti stati americani.
In conclusione quindi non si vuole discriminare nessuno, ma semplicemente richiamare ai fondamentali dalla democrazia. Su questi principi cardine si basa l’equilibrio tra la Libertà della società e il potere dello Stato. Una volta rotto questo equilibrio difficilmente potrà ricostruruli, quindi la sentenza della corte è stupenda, mi da la certezza di vivere ancora in una stato libero. Grazie Consulta!!!

venerdì 2 aprile 2010

Cristo è risorto, alleluia!!!

Siamo passati attraverso il tradimento, attraverso i tremendi supplizi della passione, attraverso lo sconcertante silenzio davanti ai sepolcri e ai tabernacoli vuoti, in quegli attimi la morte sembrava davvero aver avuto l’ultima parola su tutto, e invece non era così. Perché oggi è avvenuta la Resurrezione, un evento incredibile e straordinario e noi ci ritroviamo per questo “sorpresi dalla gioia”. La nostra vita tanto desiderosa di infinito, non è destinata a concludersi nel sepolcro, è invece destinata a continuare, ad avere come naturale respiro l’eternità. Questa è la gioia della Pasqua, il fondamento della fede cristiana, avere la certezza che attraverso la Croce di Cristo la morte è stata sconfitta. La Pasqua ci consegna questa grandiosa speranza, una speranza che non delude e ci permette di essere finalmente liberi, non più per una vita intera schiavi del peccato e della morte. Questa gioia esplode in noi come un fiume in piena che rompe gli argini, gridiamola quindi al mondo senza paura: CRISTO È RISORTO, ALLELUIA!!!


Tanti Auguri di Buona Pasqua a tutti

mercoledì 31 marzo 2010

È tempo di Pace, è tempo di Politica e Partiti

Durante la tregua elettorale bisogna ricostruire i partiti e fare le riforme per rilanciare finalmente il paese. “E sia finalmente la pace” è una frase molto evocativa ed ottima per definire questo momento di tregua. Veniamo da un triennio elettorale molto intenso, in cui sono state rinnovate tutte le amministrazioni dello Stato e quelle Comunitarie, per almeno due anni (a meno di crisi) gli elettori non saranno più chiamati alle urne. È quindi un tempo di pace elettorale. In questo periodo in cui non c’è l’impellenza di raccattare voti da ogni fascia di elettorato, dove non bisogna “spararla più grossa” per ottenere il consenso, dove non si sente il fiato sul collo della riconferma oppure no del proprio partito e della propria poltrona, si può davvero pensare alla politica. In questo tempo “benedetto” deve svilupparsi in tutti gli schieramenti politici la consapevolezza di doversi rinnovare e di dover tornare ad ascoltare la gente, tentando di rispondere ai suoi bisogni e problemi. Le scorse elezioni infatti hanno visto trionfare, più di tutti, l’astensionismo, ciò significa che gli elettori non sono solamente sfiduciati, ma non si riconoscono più in questi partiti, troppo staccati dalla loro gente.
C’è bisogno quindi di un profondo ripensamento, che ricollochi la politica nel luogo in cui da sempre dovrebbe stare, nelle piazze, cioè tra la gente. La ricostruzione dei partiti passa contemporaneamente dalla classe politica e dal popolo. I primi devono tornare ad ascoltare la gente, con voglia di fare e la concretezza di saper risolvere i veri problemi. Un politica meno dogmatica e carrierista, più pragmatica e popolare. La gente dal canto suo deve tornare a far sentire la sua voce, in modo forte e chiaro, deve riprendere coscienza di non essere una insieme di singoli individui allo sbando, ma una comunità che condivide un esperienza costituente collettiva. Dalla cui unità si determina la sopravvivenza o meno della nostra civiltà.
È un tempo proficuo anche perché si sviluppi un dialogo costruttivo tra Maggioranza e Opposizione per aprire davvero una grande stagione riformista. Bisogna, con il concorso di tutti, mettere in campo le riforme di cui il paese necessità: Giustizia, Scuola, Infrastrutture, Istituzioni sono solo alcuni dei temi importanti da affrontare, per non far morire il nostro Paese di soffocamento.
In tutto ciò bisogna uscire dall’individualismo, dismettere gli arroccamenti sulle singole rendite di potere, in una parole tentare di costruire e unire (gettando ponti) più che dividere e distruggere, per sviluppare un dialogo capace finalmente di promuovere il bene di tutti. Questa non è solo una speranza, ma una necessità. Se la gente non tornerà presto ad avvertire la politica come qualcosa di importante per la sua vita, arte costruttiva attraverso cui esprimere la propria idea di società, allora essa sarà scaricata definitivamente dalle persone. Con la drammatica conseguenza che la nostra civiltà morirà per abbandono o si rinchiuderà in un autoritarismo violento senza precedenti.

La Lega ai Banchi di Prova

La Lega Nord è in bilico tra Governo e Folklore

Con le scorse consultazione elettorali è stata netta l’affermazione della Lega Nord. Essa continua la sua galoppata nei consensi, tanto da insidiare il primato del PDL, quale primo partito in molte località e affermandosi anche in Emilia-Romagna con il 13.6%. Non voglio qui trattare di come la Lega guadagni consensi occupando sempre nuovi spazi di dissenso e scontento nell’elettorato. Perché le scorse consultazioni hanno sancito un passaggio fondamentale, la Lega ha ottenuto la presidenza di ben due regioni del nord. E che regioni!! Il Veneto e il Piemonte. La Lega ha sempre dimostrata una doppia anima: una più governativa, in giacca e cravatta, (si veda l’impeccabile Ministro dell’Interno Maroni) e una più movimentista e (passatemi il termine) folkloristica. La Lega è riuscita fin ora ad essere forza di Governo e di tenuta della maggioranza a Roma, mentre si dilettava tra Pontida, druidi e ampolle del dio Po con i suoi militanti. La Lega ha potuto incarnare l’essere forza di governo in virtù di un forte consenso, che gli viene dal dissenso e dal suo proporsi come forza di rottura. Una sorta di contraddizione in termini. Il passaggio sancito da Zaia e Cota è però storico. Nonostante tutto la Lega aveva già dato prova di pragmatismo e di saperci fare negli enti locali, ma non si era ancora cimentata nel governare una regione ovvero in quello che dovrebbe essere proprio la sua vocazione naturale. Ce la farà? E chi può dirlo, del doman non c’è certezza…Si spera di si ovviamente, ma le sfide sono molte e difficili. Certo la Lega oggi è al banco di prova, se fallisce non avrà altre possibilità, perché fallirebbe proprio per ciò per cui è nata.
La sfida che aspetta la Lega è in primo luogo quella di provare a governare “in prima persona” due delle più importanti regioni del nord, dimostrando di essere forza di governo matura e capace. In seconda battuta dovrà dimostrare una certa dose di equilibrismo, in modo da coniugare l’essere oramai forza di governo e al contempo forza di rottura e dissenso. Speriamo ci riesca, in bocca al Lupo a Luca Zaia e Roberto Cota… e poi ovviamente anche (per usare un espressione di un amico leghista) al “Vice-re” Formigoni, VAI ROBERTO!!!

Crisi Puntuale, Crisi Sistemica e Bolle speculative.

Parliamo di Crisi e Bolle Speculative (se le conosci le eviti)

È giunto ora il momento di parlare di una differenza fondamentale, quella che vi è tra Crisi Puntuale e Crisi Sistemica
Una crisi di per sé è un momento di grande difficoltà, in cui le condizioni generali e gli eventi sembrano volgere al peggio.
La Crisi Puntuale è un evento fisiologico all’interno di un economia di mercato. Essa può essere generata dal rallentamento dell’economia, dal fallimento di un singolo istituto di credito (se ben gestito), oppure ancora dalla crisi di un settore. La crisi puntuale è di solito circoscritta e destinata a risolversi nel breve periodo, grazie a piccole manovre economiche portate aventi dai singoli governi.
La Crisi Sistemica è molto più grave, perché colpisce l’intero sistema economico (produttivo, distributivo, di credito ecc…) e ne mette a repentaglio la sopravvivenza. Durante una simile crisi la priorità è quella di salvare il sistema nel suo complesso, con manovre economiche forti e coordinate.
Una delle cause scatenanti delle crisi sono le bolle speculative. Esse sono dei fenomeni economici complessi, legati anche ad aspettative irrazionali di guadagno. Il valore di un prodotto scambiato sul mercato (non per il consumo immediato) è dato dalla speranza di guadagni, che da esso possono derivare. L’esempio classico è il valore di un azione, esso oggi è dato dall’aspettativa che l’investitore avrà sulla distribuzione di dividendi futuri, ragionevolmente attualizzati ad oggi.
Una bolla speculativa è una circolo vizioso, in cui il prezzo di un bene continua a salire, in cui le crescenti aspettative di profitto fanno salire i prezzi, rafforzano così la domanda, che a suo volte contribuisce a far lievitare i prezzi. Questa spirale si conclude quando gli investitori si accorgono che il bene in questione non potrà dare quei profitti irrazionalmente attesi e allora lo vendono in massa, provocando un crollo.
Vediamo di semplificare facendo un esempio: immaginate di poter prendere un granello di sabbia, e porlo sulla superficie di una bolla di sapone. In quel granello di sabbia abbiamo investito tutti i nostri soldi, il suo valore dipende dal prezzo a cui possiamo rivenderlo. Il prezzo è misurato dell’altezza a cui verrà portato il granello dalla bolla, più in alto sarà più alto sarà il prezzo.
La bolla continua a crescere, gonfiata dalle aspettative e dalla domanda, portando sempre più in alto il prezzo. Ad un tratto la bolla esplode lasciando precipitare il granello di sabbia per terra. Risultato il nostro granellino di sabbia non vale quasi più nulla, addio soldi.
La storia ci viene in aiuto con un episodio che spiega di come una bolla speculativa possa innescare una crisi sistemica. Si tratta della prima grande crisi speculativa del capitalismo moderno: “
la crisi dei Bulbi di tulipano” svoltasi in Olanda nel seicento.
I bulbi erano considerati beni d’investimento, perché concentrati di fiori futuri, venivano venduti sia a peso che a prezzo. I bulbi più rari raggiunsero presto quotazioni irrazionali, il Semper Augustus arrivò a valere come un abitazione dell’epoca. L'interesse del mercato arrivò a non dipendere più dalla loro bellezza, ma dalla nascente consapevolezza che se ne poteva trarre profitto. A tal proposito, sia grandi mercanti che umili contadini si fecero contagiare da quella febbre dilagante e il mercato si gonfiò a dismisura fino a crollare nel 1637, “bruciando” un enorme quantitativo di ricchezza e mettendo a durissima prova la tenuta finanziaria dell’Olanda stessa.

venerdì 26 marzo 2010

Vota PDL e Scrivi AZZI

Domenica 28 e lunedì 29 marzo

Andiamo a votare
È una scelta fondamentale perché segna la nostra volontà di essere un popolo libero, che liberamente sceglie i suoi rappresentanti.

Sosteniamo Roberto Formigoni
perché negli ultimi 15 anni il Lombardia si è visto all’opera un modello di governo d’eccellenza, in grado di favorire sviluppo della nostra terra e il benessere della nostra gente, rafforzando il ruolo della Lombardia come regione più importante d'Italia

Votiamo PDL
All’interno dello schieramento di centrodesta facciamo sentire la nostra presenza di un popolo sereno e determinato, che non si fa abbindolare dagli slogan, ma ha la forza e la volontà di realizzare grandi cose. In regione come in Italia. Noi siamo il “Governo del Fare”
Siccome ci è poi data la possibilità di indicare una preferenza. Scegliere cioè direttamente da chi farci la rappresentare, accanto al simbolo della PDL:
Scriviamo Rienzo AZZI.
Un candidato che mira a rappresentare veramente le esigenze del territorio, perché le conosce bene, perché le ha vissute realmente. È l’unico a volere che i tavoli e gli accordi importanti per la nostra terra: Malpensa, viabilità, sanità ecc… tornino a tenersi sul nostro territorio, con la partecipazione dei nostri enti locali, in modo da poter meglio conoscere le nostre esigenze e la nostra realtà.