"Tuttavia non credo che questo orribile silenzio della nostra epoca durerà a lungo, sebbene ritenga che al momento aumenterà. Che farsa la moderna larghezza di vedute! Nella moderna civiltà, libertà di parola significa in pratica che si può parlare solo di cose senza importanza. Non dobbiamo parlare di religione, perché è illiberale; non dobbiamo parlare di pane e formaggio, perché vuol dire parlare di negozi; non dobbiamo parlare della morte, perché è deprimente; non dobbiamo parlare della nascita, perché è indelicato. Non può durare. Qualcosa sopravvenga a infrangere questa strana indifferenza, questo strano egoismo sognante, questa strana solitudine di una folla di milioni di persone. Qualcosa deve interrompere tutto ciò. Perché non voi ed io?" Il Napoleone di Notting Hill di G.K.Chesterton

giovedì 27 maggio 2010

Fatta l’Italia, raccontiamo la vera storia agli italiani

Si fa tanta polemica sull’anniversario dei 150° anni dell’Unità d’Italia ecco un articolo illuminante a proposito:
"A centocinquant’anni dall’unità non c’è ancora un’identità condivisa. Le difficoltà odierne ad affrontare le questioni cattoliche e federalista


Bisogna farsene una ragione: celebrare il 150° anniversario dell’unità d’Italia nel 2011 sarà un problema, anzi lo è già adesso. E non tanto per i ritardi del governo nel preparare le celebrazioni, o per il fatto che il comitato di garanti risulta costituito in parte dal governo Prodi e in parte dal successivo guidato da Berlusconi, con le inevitabili divisioni. Il vero problema è che non esiste un’identità italiana condivisa, non soltanto nella classe politica come ha scritto Ernesto Galli della Loggia, ma nel paese, a cominciare dagli intellettuali. Preso atto della realtà, non si deve disfare l’Italia, anzi. Bisogna pazientemente ritornare indietro nel tempo, ricercare i motivi di questa mancanza, individuare e curare le ferite e le amnesie che hanno accompagnato la nostra storia nazionale unitaria.Cominciamo dalle amnesie. L’Italia non nasce nel 1861, proprio perché anche precedentemente non era soltanto un’«espressione geografica», ma un insieme di popoli diversi eppure uniti da una cultura condivisa. Non si possono dimenticare le radici che affondano nella civiltà romana e anche prima, l’esito culturale e civile della prima evangelizzazione cristiana che dà vita alla ricchezza dell’epoca medioevale, la straordinaria e complessa produzione artistica dei secoli dell’Umanesimo e del Barocco. Sarebbe riprodurre una frattura artificiale volere insistere su celebrazioni “rivoluzionarie”, che dimentichino la nostra storia precedente il 1861. Ma non si possono dimenticare neppure le insorgenze antinapoleoniche che hanno visto le popolazioni di ogni regione italiana opporsi con la forza all’imposizione di una cultura rivoluzionaria durante il dominio napoleonico, dall’invasione francese del 1794 alla sconfitta definitiva di Napoleone nel 1815. Così come non si deve dimenticare il 18 aprile 1948, quando l’Italia moderata e cattolica ha espresso a larga maggioranza la volontà di appartenere a una civiltà cristiana e occidentale: eppure, come ha scritto l’insospettabile Pietro Scoppola, questo evento, che segna la nascita dell’Italia moderna, non è mai stato celebrato dagli stessi vincitori.Ma ci sono anche le ferite, non dobbiamo dimenticarlo. L’Italia diventa uno Stato unitario attraverso una violenza che colpisce la Chiesa cattolica. Quando un sacerdote, un padre di famiglia, un maestro o un professore che si ritengono cristiani raccontano la storia della loro nazione non possono nascondere questa ferita originaria. Una ferita che è stata sanata giuridicamente nel 1929 con il Concordato, che era già stata risolta politicamente nel 1913 con il Patto Gentiloni, quando i cattolici cominciarono a votare alle elezioni politiche dopo il non expedit, ma che rimane dal punto di vista culturale perché, come scriveva Augusto Del Noce, se un popolo non possiede una ricostruzione unitaria della propria storia non potrà essere veramente unito. E se questa ricostruzione unitaria non veniva tentata durante l’epoca delle ideologie (se non attraverso una ricostruzione di impronta marxista o azionista) appunto a causa delle divisioni che avrebbe prodotto, oggi non viene affrontata perché quasi nessuno se ne preoccupa veramente. Con qualche eccezione.La prima eccezione viene dal mondo della Lega. Esso rappresenta (con toni e modalità non sempre adeguati e comprensibili) coloro che furono sconfitti nel processo risorgimentale perché proponevano una soluzione federalista dell’unificazione italiana. Ossia non volevano uno Stato centralista, sul modello francese, che invece venne scelto e imposto con la violenza dai vincitori. Questa è l’altra grande ferita dopo la “questione cattolica” che pesa sulla storia italiana: la “questione federalista”. Grandi cattolici come il beato Antonio Rosmini l’avevano proposta, ma anche intellettuali “laici” come Carlo Cattaneo; non vennero ascoltati e così il rifiuto di una soluzione federalista, che avrebbe rispettato le peculiarità delle diverse popolazioni italiane, comportò fra l’altro quella guerra civile nel Sud d’Italia che costò 10 mila morti nel decennio 1860-1870 e segnò l’inizio della “questione meridionale”.

Scorciatoie ideologiche
L’altra importante eccezione riguarda il movimento cattolico italiano. Seppure con diverse sfumature e proposte, esso continua ad avere a cuore l’italianità e a coltivarne le radici. Anzitutto ricordando “tutta” la storia della nazione, comprese le insorgenze e il 18 aprile 1948 che tutti (anche i cattolici quando sono stati al governo, purtroppo) hanno volutamente dimenticato o vituperato. Il mondo cattolico non ha coltivato “sogni” antiunitari neppure nei tempi dell’intransigente «opposizione cattolica», come la definiva Giovanni Spadolini riferendosi al periodo dell’Opera dei Congressi (1874-1904), ma non può smettere di raccontare la verità storica. Quando tace, quando smette di dire la verità, perde la propria identità e diventa insipido.Le ferite ci sono e non si possono nascondere. Bisogna affrontarle e cercare di medicarle, usando i toni adatti a un progetto di riconciliazione fra tutti i vinti e vincitori della lunga storia italiana. Ma un progetto che non sacrifichi nessun aspetto della verità storica e non cerchi di cavarsela attraverso la proposizione di scorciatoie ideologiche che non convincono più nessuno, si chiamino pure Risorgimento, Resistenza o unità antifascista."

di Marco Invernizzi da Tempi del 10 settembre 2009

domenica 23 maggio 2010

Inter sulla vetta d’Europa

Una Gioia Infinita che dura una vita, Pazza Inter AMALA!!!!
Grandissima Inter, la Beneamata conquista la sua terza Coppa Campioni/Champions League, insieme alla Scudetto n. 18 e alla 6° Coppa Italia (Prima Italiana a fare Tripletta). Una grande gioia, per i giocatori e i tifosi. Una grande festa, vissuta con intensissima umanità, una grande Gioia che solo chi ama questa squadra può capire.
Grazie J. Zanetti (Grande Capitano), Cambiasso, Milito, Sneijder e a tutti gli altri
Grazie Massimo Moratti, ma un pensiero anche a Angelo Moratti, Giacinto Facchetti e Peppino Prisco
Grazie José Mourinho (Insuperabile)

Questa vittoria va sicuramente alla squadra e ai tifosi dell’Inter. Ma vi è anche la gioia di aver fatto vedere un calcio che può dirsi “Grande”, giocato da Signori, diverso da quello a cui troppo spesso siamo abituati (ad es. 3° tempo). E da qui sempre più in alto…

venerdì 14 maggio 2010

Le Premesse (Economiche) alla Crisi

In questi giorni è in atto il salvataggio della Grecia da parte dell’UE con uno storico cambio di rotta per quanto riguarda la politica monetaria della BCE. Noi però continuiamo a parlare della crisi iniziata nel 2008 negli USA, perché anche la Crisi di Atene è figlia di quella americana. Una crisi indubbiamente è generata dall’intrecciarsi di numerosi fattori, vi sono però alcuni fattori più determinati di altri, per la crisi USA del 2008 essi sono:
L’indebitamento. Negli ultimi 20 anni il debito delle famiglie americane (e non solo) è aumentato spaventosamente arrivando a toccare il 96% del PIL. (negli USA il debito è sostenuto prevalentemente dalle famiglie, in Europa invece dagli Stati nazionali). Il debito è stato finanziato prevalentemente dal sistema bancario. L’inflazione e il rallentamento dell’economia hanno però eroso il potere di acquisto delle famiglie, riducendo la loro capacità di risarcimento del debito contratto. Questo ha esposto sempre più le banche al rischio di insolvenza dei loro clienti. Con la “finanza innovativa” le banche si sono scambiate questi titoli e con essi il rischio di insolvenza, legandosi a doppio filo in una spirale molto pericolosa.
La Deregulation, esistono parametri di controllo per la stabilità patrimoniale delle banche. Uno tra i più semplici è quello che mette in relazione il Capitale Proprio della banca con i suoi debiti. A partire dal 1999 negli States si assiste alla Deregulation, cioè la deregolamentazione. Infatti con una serie di atti, il Congresso e l’amministrazione USA, fanno venir meno uno dopo l’altro buona parte di questi parametri prudenziali. Nel 2004 addirittura il dipartimento del Tesoro esonera le banche interstatali dai controlli sui “prestiti predatori” (prestiti che si rivolgono alla popolazione più debole, con tassi, penali e commissioni molto alte, se non eccessive). Questo porta inevitabilmente all’abuso (il denaro inizia a generare se stesso), ma ancora di più toglie ogni freno all’indebitamento della banche, che inizia a cresce a dismisura. I Capitali Propri dei vari istituti non sono più proporzionati al rischio complessivo che questi debiti portano con loro.
I Subprime (o prestiti di second chance) sono prestiti concessi a persone a rischio (già insolventi in passato) per l’acquisto di unità immobiliari. Questi prestiti sono concessi anche senza documentazione e garanzie adeguate.
Alcune società si specializzano in tali prestiti facendosi rimborsare tassi sensibilmente più alti della media, nel 2005 la FED aumenta i tassi di riferimento e questo porta all’espansione della diffusione di questi strumenti. Essi sono vere e proprie “bombe ad orologeria”, perché portano con loro altissimi rischi di insolvenza. Le banche vedono quindi bene di ripulire i loro bilanci da questi titoli tossici tramite cartolarizzazione. I prestiti vengono tramutati in titoli obbligazionari e collocati sul mercato. Essi sono tutelati da appositi strumenti derivati, tanto che alcune società di rating li giudicano (forse un po’ ingenuamente) affidabilissimi, assegnandogli anche la tripla A, il più alto giudizio in merito alla solvibilità del debito.

Fanno molto riflettere le dichiarazioni di William Dalls, amministratore delegato di una società specializzata in Subprime che più tardi dirà:
“ Nel 2006 le Cartolarizzazioni hanno generato il 33% degli utili totali delle 5 grandi banche d’investimento di Wall Street, contro il 13% del 2000, così da aver potuto dichiarare profitti per 130 miliardi di dollari”.
“ Le banche hanno specificatamente chiesto in offerta più mutui di scarsa qualità perché altrimenti avrebbero perso grosse opportunità di profitto. Le banche sanno di vendere carta straccia”.

domenica 2 maggio 2010

Via Gaggio e Tornavento: Padroni a Casa Nostra

Nell’ultimo consiglio comunale era in discussione una mia mozione avente per oggetto: tutela della Zona di Brughiera del Gaggio.
In questo documento, partendo da premesse locali, si esprimeva la nostra contrarietà alla possibilità della realizzazione di un eventuale terza pista di Malpensa. Una simile minaccia non è imminente, ma neanche molto remota.
Un simile intervento:
Distruggerebbe la Brughiera del Gaggio (con annessa Via Gaggio), un patrimonio straordinaria bellezza, insieme di valori storici e ambientali eccezionali. Se inglobata nel sedime dovremo dirgli irrimediabilmente addio.
Minaccerebbe fortemente l’abitato di Tornavento. Non solo in termini di qualità della vita, ma costringendo anche alcune famiglie a dover abbandonare la propria casa. Una nuova delocalizzazione, quando le ferite lasciate sul nostro territorio dalle prime (delocalizzazioni) non si sono ancora rimarginate.
Da ultimo distruggerebbe anche Via Molinelli, rendendo molto più difficoltoso la viabilità nella nostra zona.
Il fatto politico più importante, a mio avviso, è illegittimità della possibilità data a SEA di pianificare e disporre del nostro territorio in piena libertà e autonomia.
Essendo in pericolo il nostro territorio, bene essenziale per il nostra comunità, e la qualità della vita della nostra gente, mi sembrava opportuno si realizzasse una forte unità politica, espressa in consiglio comunale da un voto unanime. Il Gruppo di Centro-Sinistra dei Democratici Uniti ha aderito a questo appello, sostenendo la mozione. Durante una sospensione abbiamo concordato con loro un testo unitario che riprendesse alcuni punti sollevati anche in un loro precedente documento.
Stessa disponibilità non è arrivata dalla Lega Nord, che si è mostrata quanto mai moderata e possibilista. Consigliandoci la rassegnazione verso la realizzazione di una terza pista, consigliandoci di consegnare il nostro territorio senza combattere per poi poter elemosinare qualche briciola da SEA. Tutto questo formalizzato con il voto contrario alla mozione, quindi favorevole alla terza pista.
Ho espresso una forte critica alla Lega in relazione a questo:
Preciso che sono sempre stato molto favorevole al federalismo, idea che la Lega ha il merito di aver rilanciato nel panorama politico italiano e di avere il massimo rispetto per le persone che localmente rappresentano questo movimento. Però mi sembra di cogliere una strana incongruenza storica. Io sapevo che la Lega Nord si richiamava apertamente alla Lega Lombarda, alleanza dei comuni lombardi che combatte l’invasione del Barbarossa. Da qui simboli come il Carroccio, Alberto da Giussano e Pontida, tutti legati alla battaglia di Legnano e alla Lega Lombarda. Questa alleanza nasceva per difendersi dall’invasore, che voleva estendere la sua influenza nell’Italia settentrionale, i comuni lottarono per poter restare liberi e autonomi. Il nemico era molto forte e le speranza di vittoria non erano ampissime, ma i comuni ebbero il coraggio di combattere ugualmente. Bene, oggi l’invasore non arriva più con la cavalleria, ma con ruspe e autorizzazioni di Enac, non si tratta più del Barbarossa, ma di SEA. Un impero economico che mira a espandere la sua influenza sul nostro territorio per garantire ritorni economici ai suoi azionisti, senza avere l’accortezza neanche di interpellare gli enti comunali. La storia si ripete e gli eredi della Lega Lombarda cosa fanno? Consegnano il territorio senza combattere.
Il federalismo, per me, non è scambiare l’arrogante governo di Roma con l’altrettanto arrogante governo di Milano, è se mai una forma di governo che garantisce maggiormente la libertà e l’autonomia, così da avere un governo davvero più vicino al popolo.
Forse converrebbe fondare una Lega per combattere il BarbaSEA? Io credo che la battaglia per la difesa del nostro territorio, per libertà e l’autonomia, sia un dovere irrinunciabile della politica. Indipendentemente che l’invasore sia SEA, la Regione o “Roma Ladrona”, vogliamo restare Padroni a casa nostra

Se qualcuno volesse approfondire l’argomento lo invito a contattarmi.