"Tuttavia non credo che questo orribile silenzio della nostra epoca durerà a lungo, sebbene ritenga che al momento aumenterà. Che farsa la moderna larghezza di vedute! Nella moderna civiltà, libertà di parola significa in pratica che si può parlare solo di cose senza importanza. Non dobbiamo parlare di religione, perché è illiberale; non dobbiamo parlare di pane e formaggio, perché vuol dire parlare di negozi; non dobbiamo parlare della morte, perché è deprimente; non dobbiamo parlare della nascita, perché è indelicato. Non può durare. Qualcosa sopravvenga a infrangere questa strana indifferenza, questo strano egoismo sognante, questa strana solitudine di una folla di milioni di persone. Qualcosa deve interrompere tutto ciò. Perché non voi ed io?" Il Napoleone di Notting Hill di G.K.Chesterton

domenica 1 gennaio 2012

Buon 2012: Riflessioni per riprendere in mano responsabilmente i fili del nostro comune domani

Un nuovo anno si apre davanti a noi. In quest'anno saremo chiamati a riscoprire la solidarietà e riprendere in mano responsabilmente i fili del nostro comune domani e del nostro stare insieme.
Un altro anno si è oramai concluso ed uno nuovo si prepara già di fronte a noi. In questo forte momento di passaggio (non solo di calendario) è opportuno, ed ormai tradizione, fare qualche riflessione.
Te Deum laudamus, un ringraziamento a Dio per l’anno appena concluso. Mi sento di ringraziare per tutte le cose belle che mi sono accadute in quest’anno, per tutti i momenti importanti, ma anche per le sofferenze e gli affanni che mi hanno aiutano a crescere. Ti ringrazio per tutti gli incontri, gli scontri, ma soprattutto per la straordinaria semplicità della quotidianità che forma la grande avventura del vivere. Ogni giorno rappresenta una grazia, per il prossimo anno, prego Dio, che ci insegni a coglierla.
L’anno però che si apre, insieme alla speranza, porta con sé anche grandi timori. Legati soprattutto alle condizione economica, sociale, culturale e politica in cui versa la nostra nazione. Il momento attuale è di assoluta gravità, ma noi possiamo fare qualcosa per superarlo o dobbiamo essere solo “spettatori muti di questo terribile naufragio”?
Senza fare retorica dico che, per superare la condizione attuale, bisogna riscoprire la solidarietà. Non intesa come buonismo generalizzato e politicamente corretto. Intendo che dobbiamo andare a riscoprire il legame fondamentale e l’esperienza primaria che ci costituiscono Popolo nella storia e non un semplice insieme di individui. Si tratta di un legame unico ed indissolubile, che affonda le sue radici in una reale esperienza comune di fede e di cultura. Siamo chiamati ad uscire dall’individualismo imperante ed affrontare tutti insieme, aiutandoci l’un l’altro, le sfide che quest’anno di pone innanzi. Infatti non esistono ricette mirabolanti per uscire dalla crisi, ma solo il paziente ed umile lavoro quotidiano, fatto con vera umanità e coscienza rinnovata.
Per meglio capire qui sotto trovate alcuni stralci del discorso del Rettore dell’Università Cattolica (ora Ministro) Lorenzo Ornaghi in occasione dell’apertura dell’Anno Accademico 2011/12. Il testo è quanto mai attuale e ben si adatta al Capodanno.
“L’anno da poco concluso è stato certamente bello e memorabile; ma al tempo stesso affanni pesanti e talora inaspettati lo hanno contrassegnato.”
L’anno che si apre sarà cruciale. Esso deve e può veder nascere una fase della vita nazionale in cui saremo tutti chiamati, ognuno per la sua parte, a riprendere responsabilmente in mano i fili del nostro comune domani, del nostro ‘stare insieme’ dentro la società, della nostra capacità e volontà di riuscire ad avviare, in virtù di una visione genuinamente politica del presente e del futuro che incombe, un modello di sviluppo duraturo e meno iniquo o squilibrante di quello attuale. Questa fase decisiva della vita nazionale (che è anche e soprattutto stagione complessa e critica della storia europea e del mondo, come con facilità ci accorgiamo allungando lo sguardo oltre i confini del Paese) vorrei costituisse lo sfondo, sempre presente e visibile anche nelle sue parti più tecnico-informative, di tutto il mio Discorso inaugurale. [...]
Nell’approssimarmi alla conclusione di questo Discorso, ritorno al punto da cui ho preso avvio. Ed è il punto da cui nasce la sempre più pressante necessità che il nostro Ateneo sia davvero laboratorio vivo di cultura viva, così da poter contribuire – insieme con tutti coloro che veramente lo vogliono – a farci finalmente oltrepassare la condizione di crisi lunga, turbolenta, e dagli esiti pericolosamente incerti, in cui da tempo viviamo.
A una tale necessità, se ci riflettiamo, obbedisce anche il richiamo a conseguire tappe ulteriori e sempre nuove nel percorso della internazionalizzazione. L’‘apertura al mondo’ – un’apertura intelligente e non conformistica, sensibile ai cambiamenti reali e non alle analisi convenzionali – è costitutiva del metodo stesso con cui dobbiamo formare, e al cui possesso dobbiamo educare, i nostri studenti: un metodo che, appreso in queste aule, riveli il suo valore permanente nella futura vita professionale, un metodo che aiuti i giovani a essere protagonisti di quelle che già si annunciano come forme nuove di universalismo, più che conseguenze automatiche e non orientabili della globalizzazione.
Con simmetrie non casuali, l’universalismo medioevale, che cedette il passo al ‘particolarismo’ delle comunità politico-territoriali della modernità, si affaccia infatti – in forme nuove, certo, e però non del tutto ignote – proprio nel momento in cui i lunghi secoli dell’età moderna vedono accorciarsi il loro cammino verso un’età dai contorni e dai contenuti ancora imprecisabili. Gli assi geopolitici e geoeconomici del mondo si stanno spostando con una rapidità imprevedibile fino a pochi decenni fa. Conseguentemente, attraverso una rete di connessioni del tutto evidenti (o invece, talvolta, ancora enigmatiche), si stanno anche modificando i consolidati equilibri all’interno di ogni società, così come si vanno incrinando i più consueti criteri di ripartizione del benessere e di acquisizione del prestigio, se non dell’onorabilità, sociale. Per la prima volta dopo due secoli, non solo le democrazie, ma anche quelle forme di mercato che alle democrazie si sono affiancate e spesso strettamente legate, non sembrano più avere dalla loro parte la garanzia di eternità e continua perfettibilità, che l’età moderna aveva più o meno illusoriamente promesso. Ma davvero pensiamo di poter oltrepassare la crisi senza una rinnovata visione culturale, la quale a sua volta generi una rinnovata visione politica? Gli eventi e le decisioni su scala europea di questi giorni ci avvertono che, quando una tale visione manchi o sia inadeguata, gli interessi nazionali – poco importa se bene o male intesi – tornano al loro stato di natura, facendo riemergere modalità di condotta e logiche di supremazia appartenenti più all’anarchica stagione del ‘sistema degli Stati’, che non a quel nuovo modello di sviluppo e di ordine politico richiesti dall’età della globalizzazione.
Una cultura viva e vitale – viva e vitale, appunto perché cercata ed edificata entrando nella realtà delle spinte attuali verso un inedito universalismo – non può non avere a cuore il presente e il futuro dell’Italia. Una cultura viva e vitale può e deve contribuire – ancora una volta, insieme con tutti coloro che ne comprendono e condividono il valore e la necessità – a produrre una visione autenticamente politica.
Il cattolicesimo italiano avverte in misura crescente un tale bisogno. Lo sta avvertendo non solo con la sensibilità, ma anche con quella vigile attenzione alle conseguenze delle grandi trasformazioni, che tutta la storia di questi ultimi due secoli gli ha lasciato in preziosa eredità. [...]
Una cultura viva e vitale sa come traslitterare, a vantaggio del bene comune di un popolo, anche il più tecnico o tecnologico dei risultati della ricerca scientifica. Sa come attualizzare la sempre valida regola per cui il domani non dipende soltanto da trasformazioni irreversibili o mutamenti invincibili, ma dipende anche da noi (non infrequentemente, anzi, soprattutto da noi), dal nostro gusto della libertà, dalla nostra intelligenza, dal nostro desiderio di rischiare e di fare e, facendo, di operare con successo. Una cultura viva e vitale, infine e in particolare, sa come educare i giovani a far sì che essi siano, già da ora e non in un incerto futuro sempre procrastinabile, i veri protagonisti di quello ‘stare insieme’ sociale, economico, politico, senza il quale ciò che è vecchio si perpetuerebbe camuffando come ‘nuovo’ il peggio di se stesso."
Da ultimo, come proposito di questo nuovo anno, vi lascio le parole dell'Arcivescovo di Milano Angelo Scola, pronunciare durante l'Omelia della Santa Messa per l'Apertura dell'Anno Accademico dell'Università Cattolica:
Per il nuovo anno siamo chiamati a “ridare sangue a questo Paese esausto e a questa Europa impigliata”
A tutti i lettori, amici e sostenitori l'augurio di un sereno e felice anno nuovo.
 Mauro Andreoli

Grazie all'Associazione Kay La Onlus

Un ringraziamento inaspettato ed un impegno rinnovato per una realtà bella e fondamentale della nostra comunità.
Lo scorso 16 dicembre ho ricevuto dagli amici dell'Associazione Kay La Onlus una lettera (clicca qui per leggerla) di ringraziamento per la collaborazione e il sostegno dato all'associazione sia personalmente che politicamente. Sicuramente un gesto gradito ed inaspettato. Di seguito la mia risposta.
"All'attenzione del Presidente, dei membri del Consiglio Direttivo e di tutti i Soci dell'Associazione Kay La Onlus
Con la presente vi ringrazio della Vostra lettera del 16 dicembre 2011 (protocollo 92/2011). Il vostro inaspettato gesto di gratitudine mi ha fatto molto piacere. La mia speranza per il futuro è di continuare la proficua collaborazione di questi anni, sperando di poter fare sempre di più. Come ho già scritto altrove la solidarietà vera sarà un punto di lavoro molto importante e fondamentale per il prossimo anno. Vi ringrazio dunque per il preziosissimo lavoro che gratuitamente svolgete. Colgo l'occasione inoltre per porgere a tutti i membri dell'Associazione Kay La Onlus i miei migliori auguri di un sereno e felice anno nuovo."
Mauro Andreoli, Consigliere e Capogruppo di Maggioranza