"Tuttavia non credo che questo orribile silenzio della nostra epoca durerà a lungo, sebbene ritenga che al momento aumenterà. Che farsa la moderna larghezza di vedute! Nella moderna civiltà, libertà di parola significa in pratica che si può parlare solo di cose senza importanza. Non dobbiamo parlare di religione, perché è illiberale; non dobbiamo parlare di pane e formaggio, perché vuol dire parlare di negozi; non dobbiamo parlare della morte, perché è deprimente; non dobbiamo parlare della nascita, perché è indelicato. Non può durare. Qualcosa sopravvenga a infrangere questa strana indifferenza, questo strano egoismo sognante, questa strana solitudine di una folla di milioni di persone. Qualcosa deve interrompere tutto ciò. Perché non voi ed io?" Il Napoleone di Notting Hill di G.K.Chesterton

sabato 24 aprile 2010

25 aprile e 1° maggio

"Due ricorrenze di alto valore ideale e politico: il 25 aprile ed il 1o maggio. Celebrare la ritrovata libertà del nostro popolo e la centralità del lavoro nell'economia è un dovere cui nessuno si può sottrarre, specie se vogliamo vivere il 25 aprile e il 1 maggio come giornate in cui si onorano valori autenticamente condivisi e avvertiti come vivi e vitali da tutti gli italiani e, in particolar modo, dai più giovani. Negli ultimi anni molti passi avanti nella giusta direzione sono stati compiuti e dalla quasi totalità delle forze politiche. Coloro che si ostinano ad erigere steccati di odio o a negare le infamie dei totalitarismi sono pochi, quanto isolati nella coscienza civile degli italiani. La ricostruzione di una memoria condivisa, una sincera pacificazione nazionale nel rispetto della verità storica tra i vincitori e i vinti sono traguardi ormai raggiunti anche per il nobile e coraggioso impegno profuso, in stagioni politicamente diverse, da due Presidenti della Repubblica che voglio salutare e ringraziare: Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi. Eppure, penso che sia tuttora di grande significato politico e morale rammentare il valore insostituibile della libertà, bene supremo per ogni essere umano, precondizione per ogni democrazia, e penso sia lecito domandarsi se ancora oggi - sessantatré anni dopo la liberazione - la nostra libertà corra pericoli e sia davvero minacciata. Spero non meravigli se alla domanda mi sento di rispondere affermativamente, se ritengo che la Camera dei deputati debba essere consapevole che un'insidia per la nostra libertà e, di conseguenza, per la nostra democrazia a mio avviso esiste tuttora. La minaccia non viene di certo dalle ideologie antidemocratiche del secolo scorso, che sono ormai sepolte con il Novecento che le ha generate. I rischi per la nostra libertà sono oggi di tutt'altra natura. L'insidia maggiore viene dal diffuso e crescente relativismo culturale, dalla errata convinzione che libertà significhi assoluta pienezza di diritti e pressoché totale assenza di doveri e finanche di regole. La libertà è minacciata nello stesso momento in cui - come sta avvenendo per alcune questioni - nel suo nome si teorizza una presunta impossibilità di definire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Essere consapevoli di questo pericolo e sventarlo è dovere primario della politica, se davvero vuole onorare il suo primato. Ed è compito delle istituzioni ed in primis del Parlamento riconoscere e valorizzare il ruolo centrale che, nella difesa della libertà autenticamente intesa, hanno l'educazione dei giovani e la diffusione del sapere. È nella famiglia e nella scuola, luoghi dove si formano i cittadini di domani, che nasce, cresce e si diffonde l'ideale della libertà, un ideale che va difeso quotidianamente da un altro pericolo: la progressiva perdita di autorevolezza dello Stato, l'affievolirsi del principio di legalità, l'aleatorietà del diritto alla giustizia, specie in sede civile, il conseguente diffondersi di un senso di insicurezza tra i cittadini, fenomeni che sono la spia di un malessere della democrazia che riguarda l'intero Occidente, che in Italia non sono più acuti che altrove, che non devono indurre a presagire la disgregazione della coesione sociale, ma che sono comunque presenti in misura tale da imporre alle istituzioni il dovere di contrastarli.”

Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati, discorso di insediamento 30 aprile 2008

venerdì 23 aprile 2010

Ridateci la Resistenza

La Sinistra l’ha occupata, facendola totalmente sua, oggi è necessario che la resistenza torni ad essere un patrimonio comune. Nell’imminenza del 25 aprile si riaccendono sempre le polemiche. Ad esempio quest’anno è presa di mira “Bella ciao” storica canzone partigiana che un sindaco leghista in provincia di Treviso ha vietato nei cortei.
Sono passati ben 65 anni dalla liberazione eppure quando se ne parla, ancora si infiammano polemiche e scontri tra fazioni politiche che rivendicano il protagonismo della guerra di resistenza. Questa conflittualità non dovrebbe esistere, perché la storia della resistenza è un prezioso patrimonio comune della nostra storia.
Essa ha inizio l’8 settembre 1943 con l’annuncio dell’armistizio di Cassibile con cui l’Italia si arrendeva agli alleati. Questa è a mio avviso la pagina più nera della nostra storia recente, non tanto per la sconfitta militare subita, ma perché in essa si consuma la morte del nostro Stato. Infatti l’8 settembre il Re fugge da Roma e il Governo pure, senza lasciare alcuna indicazione all’esercito. I più importanti organi istituzionali scappano senza preoccuparsi di uno degli obblighi costitutivi più importanti per uno stato, assicurare la difesa della sua gente e della sua terra contro i nemici. È da qui che nasce la resistenza, come moto spontaneo di un popolo in lotta per liberare la sua terra dall’invasore. Dico popolo perché all’interno nelle formazioni partigiane era rappresentata TUTTA la nazione, non vi erano solo i comunisti o i socialisti (che in realtà erano solo una minoranza delle forze partigiane), ma vi erano anche i monarchici, i liberali e i cattolici. È quindi ingiusto attribuire a una sola parte politica quella che fu una “resistenza di popolo”.
Alla vigilia delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia siamo chiamati a ricordare che cosa fa della nostra gente un popolo e del nostro paese una nazione. La guerra di liberazione non può essere appannaggio di una sola parte politica, perché è stata un esperienza comune fondativa per tutta la nostra nazione. Essa fu un moto spontaneo di libertà e una testimonianza di vitalità del nostro popolo, che nonostante le disavventure della storia non si piegava all’ingiusta morte del suo Stato, ma resisteva in modo autonomo per la libertà contro tutte le ideologie. Quest’anno il 25 dobbiamo sentirci tutti un po’ partigiani.

mercoledì 21 aprile 2010

L’idea di Fini serve al PDL

Se Generazione Italia resta una forza interna di stimolo e proposta, può essere una risorsa preziosa per il futuro del PDL

Preciso subito che non sono affatto un fan delle posizione politiche di Gianfranco Fini. Su alcuni temi mi trovo in totale disaccordo, ma devo ammettere che, questa volta, il Presidente della Camera mette sul piatto temi fondamentali per il futuro del PDL.
Innanzitutto bisogna considerare che Fini e Berlusconi sono espressione di due aree politiche diverse, il primo di Destra il secondo più di Centro. Queste due aree si sono fuse nel PDL, con l’importante progetto politico di dar vita ad soggetto unitario di CentroDestra in Italia.
Silvio Berlusconi è indubbiamente l’attuale Leader del PDL. Il suo ruolo e il suo carisma gli hanno permesso negli anni di esercitare il ruolo del decisore unico. Questo è a mio avviso pericoloso e sicuramente poco gradito a Fini, uno che arriva dai partiti della Prima Repubblica, basati su una più ampia democrazia interna. Giudico interessante l’idea di Generazione Italia, perché serve a costruire un’alternativa in chiave strategica. Spiace dirlo, ma Berlusconi non è eterno. La possibilità che si sviluppi la figura di un altro leader non è quindi solo auspicabile, ma addirittura necessaria.
Il PDL è poi un partito che raccoglie il 38% dei voti e non si può immaginare che al suo interno vi sia una sorta di unanimità di vedute. Lo sviluppo di correnti interne è quasi fisiologico, in quanto espressione di sensibilità e idee differenti.
Generazione Italia serve poi per una questione di equilibrio politico. Serve infatti qualcosa per controbilanciare il potere leghista, uscito rafforzato dalle scorse elezioni. Fini potrebbe servire da
equilibratore, evitando così un eccessivo appiattimento del PDL sulle posizioni leghiste. Infatti, seppur alleato fedele e prezioso, la Lega porta avanti istanze politiche diverse da quelle del Popolo della Libertà.
In definitiva ben venga Generazione Italia, a patto che resti davvero una forza di stimolo, senza trasformarsi in una corrente, pronta a dilaniare l’unità politica del PDL per sete di potere. Questo non tanto per Fini o Berlusconi, ma per il futuro stesso della politica italiana.

domenica 18 aprile 2010

18 aprile (1948) Festa Nazionale della Libertà

Voglio fare una proposta molto semplice: istituire il 18 aprile come Festa Nazionale della Libertà So che può apparire come una provocazione, ma credo dovremmo avere maggiore coscienza dell’importanza di questa data per la nostra storia.
Il riferimento storico è il 18 aprile 1948. I più mi diranno: ma cos’è successo di così importante in quella data? Vediamo di scoprirlo:
Il 18 aprile 1948 si sono svolte le prime vere elezioni politiche in Italia. L’Assemblea Costituente aveva terminato i suoi lavori, dando alla luce l’attuale Costituzione, un documento mirabile soprattutto nella parte valoriale, opera di un compromesso storico di altissimo spessore culturale. Forse un po’ troppo pavida nel delineare la forma di governo, ma questo è un altro discorso…
A fronteggiarsi erano essenzialmente la Democrazia Cristiana di De Gasperi e il Fronte Democratico Popolare, cioè il PCI di Togliatti insieme al PSI. Da una parte lo Scudo Crociato e dall’altra la Stella con Garibaldi (questo era il simbolo del Fronte). Risultato: la DC stravince raccogliendo da sola il 48,51% dei voti, il 13 % in più di quelli ottenuti per l’Assemblea Costituente. Sono sciuro che qualcuno avrà commentato: “si, beh e allora? Che me n’importa?”
La celebrazione che voglio promuovere non è semplicemente il ricordo della vittoria di una forza politica (più o meno simpatica) sull’altra. In quell’elezione si è giocato il destino del nostro paese e del nostro popolo. Eravamo, allora, di fronte a una vera e propria “scelta di campo”. Da una parte la DC, con i suoi alleati e i comitati civici rappresentavano la democrazia, la libertà, l'atlantismo, l'europeismo, insomma la scelta occidentale. Dall’altra parte vi era il PCI di Togliatti legato a doppio filo con il regime di Mosca. Esso rappresentava la scelta di dipendere direttamente dall’URSS. Una scelta tutt’altro che felice. Per capire l’entità del pericolo scampato basta ricordare Katyn, i carri armati impiegati per reprimere la primavera di Praga, oppure i nostri soldati mai tornati dalla Russia, i Gulag…
Insomma il 18 maggio 1948 non vinse la DC, ma vinse l’Italia, che scelse (votò il 92,2% ) di restare libera e forte, opponendosi al pericolo comunista. Siamo tutti figli di quell’evento, grazie al quale siamo stati e siamo liberi. Per questo dobbiamo ricordarlo.
Viva l’Italia, VIVA il 18 aprile!!!

Grazie Consulta

È di pochi giorni fa la notizia che la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibili i ricorsi presentati dalla Corte d’Appello di Trento, inerenti il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Sono felicissimo per questa sentenza. “evviva la corte costituzionale!!! Finalmente una sentenza come si deve!!!”
Prima di essere frainteso, preciso che la mia gioia non è per il merito della questione, ma piuttosto per la rilevanza politico-giuridica di essa.
L’unione fra persone dello stesso sesso è materia complessa, sulla quale è difficilissimo legiferare in quanto non esiste di fatto una posizione largamente condivisa all’interno della nostra società. Presupposto necessario per la legislazione su un argomento così importante e fondamentale. Se è possibile ipotizzare per il futuro intese atte a garantire maggiore tutela ai singoli in queste unioni, bisogna avere però sempre una salda consapevolezza: mai tali tutele potranno sostituire, ledere o usurpare l’istituto del matrimonio, atto costitutivo della famiglia.
La mia gioia per questa sentenza è legata ad altro. La corte non ha mancato di sottolineare come la sede opportuna per certe rivendicazione non è l’ambito giudiziario, ma quello legislativo. Finalmente qualcuno che lo dice chiaramente. Le leggi si fanno in Parlamento, le stabiliscono i rappresentati del popolo e non i giudici.
In una democrazia le leggi sono fatte dal parlamento e dalla mediazione, tra maggioranza e opposizione, che in esso si sviluppa, ma mai dai giudici. Questo perché ilo il parlamento possiede una legittimazione popolare, che la magistratura non ha. Accade però a volte che qualche minoranza organizzata voglia agire fraudolentemente per afferamre alcune sue istante, una forma embrionale di dittatura.
È infatti un vecchio giochetto degli ambienti radicali, far passare un’istanza politica per un diritto ingiustamente negato, ricorrendo poi al giudice per farselo riconoscere. Il risultato in caso di accoglimento è l’introduzione forzata nell’ordinamento di un principio in contrasto con il volere della maggioranza della società.
Un esempio di questo ci viene della storia, con la sentenza “Roe versus Wade” della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1973.
Norma McCortvey (durante il processo assunse il nome di Jane Roe per questioni di sicurezza) citava in giudizio il procuratore distrettuale del Texas, Henry Wade, che applicando le leggi dello stato gli aveva impedito l’aborto. La Corte sconfessò l’operato del procuratore, aprendo di fatto la strada alla legalizzazione dell’aborto negli USA. Tutto questo quando la legislazione in materia era ampiamente negativa in molti stati americani.
In conclusione quindi non si vuole discriminare nessuno, ma semplicemente richiamare ai fondamentali dalla democrazia. Su questi principi cardine si basa l’equilibrio tra la Libertà della società e il potere dello Stato. Una volta rotto questo equilibrio difficilmente potrà ricostruruli, quindi la sentenza della corte è stupenda, mi da la certezza di vivere ancora in una stato libero. Grazie Consulta!!!

venerdì 2 aprile 2010

Cristo è risorto, alleluia!!!

Siamo passati attraverso il tradimento, attraverso i tremendi supplizi della passione, attraverso lo sconcertante silenzio davanti ai sepolcri e ai tabernacoli vuoti, in quegli attimi la morte sembrava davvero aver avuto l’ultima parola su tutto, e invece non era così. Perché oggi è avvenuta la Resurrezione, un evento incredibile e straordinario e noi ci ritroviamo per questo “sorpresi dalla gioia”. La nostra vita tanto desiderosa di infinito, non è destinata a concludersi nel sepolcro, è invece destinata a continuare, ad avere come naturale respiro l’eternità. Questa è la gioia della Pasqua, il fondamento della fede cristiana, avere la certezza che attraverso la Croce di Cristo la morte è stata sconfitta. La Pasqua ci consegna questa grandiosa speranza, una speranza che non delude e ci permette di essere finalmente liberi, non più per una vita intera schiavi del peccato e della morte. Questa gioia esplode in noi come un fiume in piena che rompe gli argini, gridiamola quindi al mondo senza paura: CRISTO È RISORTO, ALLELUIA!!!


Tanti Auguri di Buona Pasqua a tutti