"Tuttavia non credo che questo orribile silenzio della nostra epoca durerà a lungo, sebbene ritenga che al momento aumenterà. Che farsa la moderna larghezza di vedute! Nella moderna civiltà, libertà di parola significa in pratica che si può parlare solo di cose senza importanza. Non dobbiamo parlare di religione, perché è illiberale; non dobbiamo parlare di pane e formaggio, perché vuol dire parlare di negozi; non dobbiamo parlare della morte, perché è deprimente; non dobbiamo parlare della nascita, perché è indelicato. Non può durare. Qualcosa sopravvenga a infrangere questa strana indifferenza, questo strano egoismo sognante, questa strana solitudine di una folla di milioni di persone. Qualcosa deve interrompere tutto ciò. Perché non voi ed io?" Il Napoleone di Notting Hill di G.K.Chesterton

venerdì 23 aprile 2010

Ridateci la Resistenza

La Sinistra l’ha occupata, facendola totalmente sua, oggi è necessario che la resistenza torni ad essere un patrimonio comune. Nell’imminenza del 25 aprile si riaccendono sempre le polemiche. Ad esempio quest’anno è presa di mira “Bella ciao” storica canzone partigiana che un sindaco leghista in provincia di Treviso ha vietato nei cortei.
Sono passati ben 65 anni dalla liberazione eppure quando se ne parla, ancora si infiammano polemiche e scontri tra fazioni politiche che rivendicano il protagonismo della guerra di resistenza. Questa conflittualità non dovrebbe esistere, perché la storia della resistenza è un prezioso patrimonio comune della nostra storia.
Essa ha inizio l’8 settembre 1943 con l’annuncio dell’armistizio di Cassibile con cui l’Italia si arrendeva agli alleati. Questa è a mio avviso la pagina più nera della nostra storia recente, non tanto per la sconfitta militare subita, ma perché in essa si consuma la morte del nostro Stato. Infatti l’8 settembre il Re fugge da Roma e il Governo pure, senza lasciare alcuna indicazione all’esercito. I più importanti organi istituzionali scappano senza preoccuparsi di uno degli obblighi costitutivi più importanti per uno stato, assicurare la difesa della sua gente e della sua terra contro i nemici. È da qui che nasce la resistenza, come moto spontaneo di un popolo in lotta per liberare la sua terra dall’invasore. Dico popolo perché all’interno nelle formazioni partigiane era rappresentata TUTTA la nazione, non vi erano solo i comunisti o i socialisti (che in realtà erano solo una minoranza delle forze partigiane), ma vi erano anche i monarchici, i liberali e i cattolici. È quindi ingiusto attribuire a una sola parte politica quella che fu una “resistenza di popolo”.
Alla vigilia delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia siamo chiamati a ricordare che cosa fa della nostra gente un popolo e del nostro paese una nazione. La guerra di liberazione non può essere appannaggio di una sola parte politica, perché è stata un esperienza comune fondativa per tutta la nostra nazione. Essa fu un moto spontaneo di libertà e una testimonianza di vitalità del nostro popolo, che nonostante le disavventure della storia non si piegava all’ingiusta morte del suo Stato, ma resisteva in modo autonomo per la libertà contro tutte le ideologie. Quest’anno il 25 dobbiamo sentirci tutti un po’ partigiani.

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