Uno stato che non riesce più a svolgere il suo mestiere può dirsi ancora legittimo?
Ben
ritrovati coraggiosi e fortunati lettori/avventurieri alla scoperta
della finanza pubblica. Coraggiosi perché siete riusciti a seguire
fin qui i miei articoli, spero senza addormentarvi. Fortunati perché
abbiamo oramai superato la maggior parte delle questioni tecniche e
ci attendono dunque tempi migliori. L’affrontare per prime molte
tematiche generali potrà magari esservi sembrato noioso, ma era
assolutamente necessario. In economia, come in ogni sport che si
rispetti, prima di cimentarsi nel gioco è necessario conoscere le
regole di base e soprattutto i fondamentali. Credo inoltre sia dovere
primario di ogni amministratore spiegare chiaramente le cose per come
stanno, fuggendo proclami e promesse e senza nascondersi dietro i
tecnicismi.
Dagli
scorsi articoli abbiamo scoperto i motivi per cui la macchina
pubblica è un po’ a corto di carburante (denaro). Questo brusco
calo delle risorse disponibili ha avuto effetti certamente
drammatici, ma anche molto interessanti. Sono infatti venuti alla
luce tutti i difetti e i limiti, che la macchina pubblica covava al
suo interno da tempo immemorabile.
Lo
Stato o le Amministrazioni pubbliche funzionano in maniera molto
semplice: prendono soldi dal singolo cittadino e in cambio forniscono
servizi alla collettività. I servizi possono essere rivolti dunque a
singoli o gruppi (scuola) oppure alla collettività nel suo insieme
(sicurezza nazionale). Il primo problema, che salta all’occhio, è
l’inefficienza nella produzione di questi servizi. La macchina
pubblica brucia infatti una quantità di risorse esorbitante a fronte
dei modesti servizi che offre o dei risultati che raggiunge. In
questo non c’entrano necessariamente gli sprechi, ma è
un’inadeguatezza intrinseca a rendere la macchina pubblica
inefficiente, vedremo poi perché.
Molti
Enti Locali, complici i forti vincoli finanziari, hanno poi iniziato
a eliminare (tagliare) alcuni servizi. Questo pone un delicato
problema di efficacia dell’amministrazione pubblica. Se infatti
l’amministrazione pubblica nasce per fornire servizi ora che non li
fornisce più a cosa serve? Detta così è un po’ banale, ma la
questione è seria. L’impossibilità di spendere priva di fatto
molti enti della capacità di mettere in atto politiche reali
(contrasto disoccupazione, sanità, scuola…) generando una sorta di
“fallimento morale”. Lo Stato preleva dunque denaro al solo scopo
di sopravvivere ed alimentare una burocrazia che lui stesso ha
creato, ma questo è legittimo? Perché i cittadini dovrebbero
permettere la sopravvivenza di questo ingombrante parassita?
Lo
Stato spende dunque troppo e male, ma come si è giunti a questo? Vi
sono sicuramente ragioni storiche alla base di tutto. Lo Stato non è
mai stato infatti un esempio di virtù e lungimiranza amministrativa,
in nessuna epoca storica e non credo neanche in futuro. I pesanti
vincoli europei hanno poi complicato ancora di più la situazione, ma
non sono l’unica causa del problema. La macchina pubblica risulta
infatti oggi sovradimensionata, lenta, refrattaria al cambiamento,
scoordinata e iperburocratizzata. Su ognuno di questi termini si
potrebbe aprire un dibattito e magari lo faremo nel prossimo
articolo. Qui mi limito ad utilizzare un immagine. Pensate ad un
corridore che per affrontare una maratona si mette sulle spalle dei
pesi inutili, indossi un cappotto, prende le strade sbagliate ecc…
una cosa certo buffa, ma che raffigura la triste realtà. Se poi
pensiamo che lo sfortunato corridore potrebbero essere la società
civile, la cosa appare sempre meno divertente.
A
determinate in buona parte questo stato di cose è stata l’assenza,
negli ultimi decenni, di un grande attore dalla scena, questo grande
attore è la Politica. Essa si è affidata ciecamente alla tecnica e
al progresso ritenuti capaci di risolvere ogni problema, ciò non si
è avverato e i desolanti risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Per Politica non intendo l’affarismo, la corruzione e gli intrighi,
ma la capacità di dialogo, confronto, mediazione, la progettualità
e il servizio per lo sviluppo di un bene comune all’intera
collettività. Per usare nuovamente un’immagine: con un mare in
tempesta non c’è nessuno sul ponte di comando della nave. La crisi
della politica nasce però da lontano e affonda le sue radici in una
più vasta e grave crisi culturale, che ha minato le fondamenta
stesse dell’uomo. Per cui anche se ci fosse qualcuno al comando,
probabilmente non saprebbe dove andare o non avrebbe il coraggio di
tracciare una rotta.
Credo
di aver trattato a sufficienza di finanza pubblica e posso dunque
rubare qualche riga per parlare di una cosa davvero importante: il
Natale. Ci stiamo preparando a vivere (o abbiamo appena vissuto,
dipende da quando vi giungerà questo articolo) un avvenimento
straordinario. “Un Bambino è nato per noi!” è questa la buona
novella, che ha spezzato la storia in due innescando una rivoluzione
permanente. Una nascita, l’unico fatto che realmente può
ringiovanire il mondo. Oggi tutto scorre via rapido e senza
sostanza, proviamo però a fermarci un istante e guardare quel bimbo
nel presepe. Magari il suo sorriso toccherà il nostro cuore e anche
noi potremo essere “sorpresi dalla gioia”. Buon Natale e felice
Anno nuovo a tutti.
Mauro
Andreoli, Capogruppo e Consigliere delegato alla Spending Review